Saadi venne portato in Italia da Gaucci nel 2003. L’anno prima era diventato azionista della Juve. Era detenuto dal 2014 per crimini commessi contro i manifestanti nel 2011 e per l’uccisione nel 2005 dell’allenatore Bashir al-Rayani, accusa da cui venne assolto in appello nel 2018
Saadi Gheddafi, il figlio dell’ex leader libico Muammar Gheddafi, che era detenuto in una prigione di Tripoli, è stato rilasciato in esecuzione di un ordine del tribunale.
La notizia è stata data dal ministero della giustizia. Saadi, ex giocatore del Perugia e azionista della Juventus, era detenuto con l’accusa di crimini commessi contro i manifestanti nel 2011 e dell’uccisione nel 2005 dell’allenatore di calcio libico Bashir al-Rayani.
con gaucci
—Il terzogenito del Colonnello Gheddafi era detenuto in un carcere di Tripoli dal 2014. Saadi ha avuto un passato da calciatore professionista e nel 2003 esordì in Serie A, a Perugia, grazie all’ex presidente della società umbra Luciano Gaucci. L’arrivo del figlio di Gheddafi fu celebrato con una festa sfarzosa a Torre Alfina, nel castello del 1200 della famiglia Gaucci. Ma l’avventura italiana del terzogenito di Gheddafi durò poco: risultò infatti positivo all’antidoping dopo la sfida Perugia-Reggina. Pochi i minuti giocati. Dopo un altro anno al Perugia, nel frattempo retrocesso in serie B, Gheddafi passò all’Udinese e poi alla Sampdoria. Nel 2002 la Lafico (Libyan Arab Foreign Investment Company), a capo della quale c’era proprio lo stesso Saadi, acquistò circa 6,4 milioni di azioni della Juventus, pari al 5,31% del capitale. Già a partire dal febbraio 2011, quando la Primavera araba iniziò ad incendiare la Libia, gli Agnelli iniziarono a pensare di disfarsi di quei soci diventati imbarazzanti.
fuga in niger
—Lasciata l’Italia e i campi da calcio, il terzogenito di Gheddafi, durante la guerra civile libica, nel settembre 2011 fuggì in Niger. Venne catturato e incarcerato a Tripoli nel 2014. Saadi, ora 47enne, era noto per il suo stile di vita da playboy durante la dittatura di suo padre. Nell’agosto del 2015 venne diffuso un video in cui Saadi veniva torturato dalle milizie islamiche. Il 19 dicembre 2017 la famiglia riferì di aver perso ogni contatto con lui, detenuto in isolamento senza la possibilità di vedere neanche il suo avvocato. Nell’aprile del 2018, la corte d’appello lo ha assolto dall’omicidio di Rayani.
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