Come tanti colleghi, anche Hitzfeld, nonostante l'aria da duro e il palmares di un vincente, ha combattuto contro la depressione. Una conseguenza di un lavoro, quello dell'allenatore, in cui ogni minimo passo falso può costare tutto
Ottmar Hitzfeld è un mito del calcio tedesco, nonchè uno dei pochi allenatori in grado di vincere la Champions League con due squadre diverse. Il primo trionfo è arrivato nel 1997, quando il suo Borussia Dortmund ha battuto la Juventus per 3-1 nella finale di Monaco di Baviera. Il secondo invece è stato proprio sulla panchina del Bayern, che nel 2001 ha sconfitto il Valencia di Cuper a San Siro. Con 25 trofei, Hitzfeld è il tecnico tedesco più vincente di sempre e a 72 anni avrebbe ancora parecchio da insegnare. Invece la sua carriera come allenatore di club è terminata nel 2008. Poi, dopo sei anni alla guida della nazionale svizzera, ha detto basta definitivamente. Ora ha spiegato perchè in una lunga intervista alla Bild.
PAURA - Come tanti colleghi, anche Hitzfeld, nonostante l'aria da duro e il palmares di un vincente, ha combattuto contro la depressione. Una conseguenza di un lavoro, quello dell'allenatore, in cui ogni minimo passo falso può costare tutto. E infatti tra le parole più utilizzate dal tedesco c'è "paura". "La vita di un allenatore è sempre legata a problemi esistenziali. Quando hai 40 o 50 anni e sei senza squadra, l'aria si fa più pesante. All'improvviso non hai più un lavoro. E non parlo di problemi finanziari, ma di paura di fallire. Quando vieni esonerato la prima volta, il rischio che accada di nuovo aumenta. E sono preoccupazioni che sono in grado di mangiarti da dentro". Come a lui è accaduto nel 2004, quando è vittima di un burnout.
SOLLIEVO - "È stata dura, non hai le forze e vorresti solamente rimanere sotto le coperte, ma devi andare a parlare con la squadra. L'ho fatto solo per sopravvivere, ma i giocatori lo capiscono". E infatti il Bayern arriva secondo, esce presto dalla Coppa di Germania e anche dalla Champions League. Risultato, Hitzfeld viene esonerato a fine stagione, nonostante un altro anno di contratto. Il club però non gli fa mancare l'aiuto. "Ho parlato con un dottore che mi ha prescritto delle medicine, il che mi ha aiutato". Eppure la prospettiva di tornare in panchina resta comunque un incubo. Beckenbauer gli offre la guida della nazionale in vista dei mondiali casalinghi, ma il tecnico rifiuta. "Franz mi fa 'puoi gestire queste poche partite, è semplice'. E io gli ho detto che allora poteva farlo benissimo lui. Dopo aver chiuso con il Bayern, mi sono ritirato nella mia casa sul lago e ho pensato: 'Ecco, ora non dovrai mai più fare l'allenatore'. Ed è stato un sollievo". L'ennesima dimostrazione che le vittorie e i soldi non sempre fanno la felicità...
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