Jermaine Jenas ha incontrato Davids prima come avversario e poi nello stesso spogliatoio. E l'inglese ha spiegato a FourFourTwo che quello che il centrocampista faceva in campo era solo una faccia della medaglia.
Per oltre un decennio, Edgar Davids è stato uno dei centrocampisti più importanti, temuti e rispettati del mondo. L'olandese, portato in Serie A dal Milan ma diventato una stella con la maglia della Juventus, era celebre per la sua grinta in campo e fuori e per la assoluta incapacità di mollare. E probabilmente a renderlo un grandissimo è stato proprio quel carattere, come spiega un ex compagno di squadra. Jermaine Jenas ha incontrato Davids prima come avversario e poi nello stesso spogliatoio. E l'inglese ha spiegato a FourFourTwo che quello che il centrocampista faceva in campo era solo una faccia della medaglia.
INCONTRI - Il primo incrocio è un Newcastle-Juventus di Champions League in cui un giovane Jenas brilla. "Avevo 19 anni e lui giocava a centrocampo con Nedved, la Juventus aveva una grande squadra. In porta c'era Buffon, davanti la coppia era composta Trezeguet e Del Piero. Mi ricordo di aver vinto il premio di uomo partita e che Davids era stato sostituito. E quindi ho pensato 'bene, un bel risultato, giocare meglio di Davids a centrocampo'. Edgar era una stella". Anni dopo, i due giocano assieme con gli Spurs. "Quando è arrivato al Tottenham, ho capito molto di più che tipo fosse. Tecnicamente non era così forte come me lo immaginavo, lo avevo visto nelle pubblicità in cui faceva un sacco di giochetti, ma non era assolutamente quello che lo rendeva il calciatore che è stato".
LARIUNIONE - E cosa lo rendeva unico? L'atteggiamento nei confronti dei compagni, una...necessità di tirar fuori il 110% da tutti. "Un giorno avevamo appena finito l'allenamento, penso che fosse stata una sessione normale. Ma lui se ne andava in giro dicendo 'c'è una riunione', ha portato i compagni di squadra fuori dalla palestra e via dei fisioterapisti, dicendo che c'era un incontro. Noi pensavamo tutti che ci fosse anche il tecnico. E invece no, c'era solo lui, che stava lì e diceva 'ma voi cosa volete? Se vi accontentate di questo, dovete cambiare'. Ci stava praticamente dicendo che lui aveva vinto tutto e che era alla fine della sua carriera, ma che se noi volevamo ottenere gli stessi risultati dovevamo fare le cose in maniera diversa. Mi ricordo un sacco di gente che se n'è andata quasi ridendo, come a dire 'Calma Edgar, rilassati'. Ma solamente più avanti nella mia carriera ho capito che questo è il motivo per cui ha ottenuto tutto quello che ha fatto in carriera, perché la sua mentalità ti faceva vincere le partite ed era assolutamente più importante di tutto quello che sapeva fare in campo".
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