Il portiere si confessa a France Football: "Ne parlai con i miei figli e mi dissero di andare a Parigi. Che noia il politically correct"
In una lunga intervista rilasciata a France Football, Gianluigi Buffon ha raccontato un aneddoto sul suo passato: "Nel 2018 avevo deciso di smettere di giocare a calcio. Poi arrivò la chiamata del Paris Saint-Germain. Ne parlai prima di tutto con i miei figli, perché nonostante il calcio mi tolga tanto tempo per stare con loro, li vedo sempre felici che io giochi. E infatti, senza alcuna esitazione, mi dissero: 'Vai papà, è troppo bello. Giocherai in una squadra incredibile'. Questo mi ha fatto capire che per loro è importante avermi come punto di riferimento e che sono contenti di avere un papà così". E a Parigi, Buffon si è tolto delle belle soddisfazioni personali: "Ho avuto degli attestati di stima e di affetto che a volte erano anche immeritati, secondo me, soprattutto per strada. Questa cosa mi metteva a disagio, ma è stato emozionante".
Politically correct
—Tra i tanti temi toccati nell'intervista, Buffon ha anche parlato delle due cose che detesta di più nel mondo del calcio: "I cliché e il politically correct, anche se lo uso pure io. Lo faccio per non mancare di rispetto agli altri. Mi capita tipo quando mi viene chiesto un parere sugli altri giocatori: devi sempre dire le stesse cose per non essere maleducato. Questa cosa mi annoia". Inevitabile poi, per i giornalisti francesi, non fare una domanda a Buffon sulla finale dei Mondiali del 2006 a Berlino: "La Francia era fortissima, forse più forte di noi, basti vedere al percorso che aveva fatto. Solo una squadra con il nostro spirito poteva avere la meglio". E sulla testata di Zidane a Materazzi, ha aggiunto: "Tutto mi sarei aspettato in quella partita, tranne che quell'episodio. Quando l'ho visto ho gridato all'assistente dell'arbitro in maniera molto spontanea. Per noi quell'episodio è stato una fortuna, visto l'andazzo che il match stava prendendo. Zizou era in una forma incredibile e avrebbe potuto deciderla".
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