Col Salisburgo la prima del nuovo allenatore dei Blues: "Sulla carta abbiamo tutto per fare bene, ma devo capire le persone". L'azzurro: "Si vede subito che ha ottime idee"
“Sono passati 7 giorni, ma onestamente mi sembrano 7 mesi”. Graham Potter entra per la prima volta a Stamford Bridge da allenatore del Chelsea. E’ la sua conferenza stampa di presentazione nel club di cui è salito a bordo giovedì scorso, quando i Blues gli hanno presentato quella sfida che non poteva rifiutare. Una che comincia con la Champions League, sul palcoscenico dove il 47enne che fino alla settimana scorsa allenava il Brighton non ha mai messo piede, con la partita casalinga col Salisburgo delle 21 italiane. “In questa squadra ci sono ambizioni importanti: perché non cominciare dalla Champions?”.
SFIDA
—Potter stava pensando al Brighton e a come spegnere l’entusiasmo dopo l’ennesima partenza lanciata quando è arrivata la chiamata del Chelsea: “Non sai mai cosa ti aspetta, nel calcio come nella vita - racconta -. Questi ultimi giorni sono stati incredibili, con conversazioni molto intense. I proprietari mi hanno impressionato molto a livello umano, mi hanno dato l’idea di essere persone intelligenti che hanno avuto enorme successo nella loro vita e che adesso vogliono averlo anche nel calcio. Mi hanno esposto le loro idee per far crescere il club, i loro progetti. Sono felice di aver scelto il Chelsea e non vedo l’ora di cominciare”. Un’avventura che parte non senza rischi: Potter non ha mai allenato a questo livello, non ha mai avuto la responsabilità di una squadra come i Blues, una che gioca per vincere. “C’è un rischio in qualsiasi cosa della vita, anche nel camminare per strada. Io ho lasciato tutto, compreso il lavoro di mia moglie, per andare in Svezia e cogliere un’opportunità con una squadra di quarta serie che aveva sempre esonerato l’allenatore nelle 5 stagioni prima del mio arrivo. Ma questa è la vita: devi uscire dalla tua comfort zone e scoprire se per te c’è altro, qualcosa di più importante”.
IMPATTO
—Il qualcosa di più importante Potter l’ha trovato a Cobham, il centro di allenamento del Chelsea dove da venerdì ha preso dimora. E dove, dopo aver messo in chiaro che lui farà l’allenatore e basta, sta pensando a come imporsi, a come vincere questa nuova sfida che ha deciso di accettare. “Ho trovato un gruppo molto onesto, responsabile e positivo in allenamento - dice dei giocatori del Chelsea -. Sono felice della squadra, molto equilibrata tra difesa e attacco e composta da giocatori che vogliono competere, che vogliono vincere. Il Chelsea sarà un grande club composto da grandi giocatori, ma anche qui si lavora con le persone: bisogna capirle, conoscerle, trattarle con rispetto, comunicare nel modo più chiaro possibile e creare quei rapporti che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi non vedo l’ora di coltivare”. I nuovi proprietari gli hanno dato come obiettivo minimo il quarto posto, ma Potter per il momento ha altri obiettivi: “Penso alla prima partita, al Salisburgo - dice -. Dobbiamo competere, ma né in Champions né in Premier ci sono garanzie. Si tratta di creare quel rapporto coi tifosi che è la base di qualsiasi cosa, di capire come vogliamo giocare a calcio, creare uno stile unico, il nostro stile, quello di cui i tifosi possano andare fieri. Il successo per noi sarà migliorare, provare a vincere”.
JORGINHO APPROVA
—“Questa è una nuova sfida per Potter, ma lo è anche per noi”. È Jorginho a raccontare come lo spogliatoio del Chelsea ha metabolizzato il cambio improvviso in panchina, il passaggio da Tuchel a Potter dopo quella che resta l’ultima partita giocata dai Blues prima dello stop per lutto per la morte della Regina. “Potter è un ottimo allenatore - dice l’azzurro -: ha accettato una nuova sfida, ma è una novità anche per noi. È un allenatore umile, con un ottimo modo di lavorare: sono convinto che farà bene perché ha ottime idee e un gruppo di giocatori pronto ad ascoltarlo e fare del proprio meglio per mettere quelle idee in pratica. Ci sentiamo responsabili per quello che è successo a Tuchel, perché siamo una squadra e la responsabilità di quello che succede è di tutti e non di un singolo. Ora dobbiamo concentrarci sulla nostra nuova sfida, sul capire cosa vuole da noi il nuovo allenatore, cosa ci chiede in campo. Dobbiamo migliorare, farlo come squadra”. Sono passati 7 giorni da quando il Chelsea ha giocato la sua ultima partita, sei da quando la proprietà ha varato la rivoluzione. Sembra un’eternità. E la prima volta di Potter sembra quel nuovo inizio che Tuchel non ha avuto.
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