L'intervista dopo la vittoria del suo Tottenham con il Brighton è dedicata alla commemorazione del preparatore atletico: "10 giorni fa aveva un po' di febbre. L'ho fatto rimanere a casa, ma lui era preoccupatissimo di saltare l'allenamento. Per cose come questa è entrato nel cuore dei giocatori"

dal nostro inviato  Davide Chinellato

Antonio Conte fatica a trovare le parole, a contenere le emozioni. Il suo Tottenham a Brighton è tornato a vincere, ma tutto quello di cui vuole parlare dopo la partita è Gian Piero Ventrone. L’uomo a cui gli Spurs hanno dedicato la vittoria, dal dito puntato verso il cielo del match winner Harry Kane a quella maglietta con la scritta Gian Piero sulla schiena che il capitano Hugo Lloris ha portato sotto il settore dei tifosi del Tottenham a fine match. "È stato davvero difficile per noi concentrarci sulla partita - racconta Conte con un filo di voce nella pancia dell’Amex Stadium -. Ho saputo dopo la partita di mercoledì a Francoforte quanto la sua situazione fosse problematica, ma nessuno si aspettava questo. Era malato, ma sotto controllo. È davvero difficile accettare quello che è successo".

Emozioni

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Conte si è commosso durante il minuto di applausi dedicato a Ventrone che ha preceduto l’inizio del match. Come Kane, in lacrime nell’intervista post partita. "Questa situazione mi ha colpito molto sotto l’aspetto emotivo, ha colpito tutti noi - continua Conte -. Difficile nascondere i miei sentimenti ai giocatori, alle persone che lavorano con me. Eravamo tutti devastati, perché Gian Piero in soli dieci mesi ha toccato il cuore di tutti. Parliamo di un grande lavoratore, uno scienziato. Mi aveva chiamato giovedì scorso, 10 giorni fa, chiedendomi se poteva stare a casa perché aveva un po’ di febbre. Ma era preoccupatissimo di saltare l’allenamento. Gli ho detto di non preoccuparsi, che si trattava della sua salute e che quella veniva prima di tutti. Eppure lui continuava a preoccuparsi di saltare l’allenamento. Penso che anche per questo sia entrato nel cuore dei giocatori. Giovedì ho dato io loro la notizia. Erano devastati, ho cancellato l’allenamento perché eravamo troppo sconvolti. Andremo a Napoli per i funerali, voglio stare con la sua famiglia, con sua moglie Cinzia e i suoi figli, Ivan e Martina. Voglio dire loro che devono essere forti come era Gian Piero. Aveva un carattere molto forte, sono sicuro che non vorrebbe vederci tristi. Ma siamo distrutti dal dolore ed è difficile non esserlo".

La reazione

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Conte parla anche dei suoi giocatori, di quella vicinanza che ha sentito, di quelle emozioni che tutti loro hanno mostrato ricordando il preparatore con cui lavoravano dal novembre scorso. "Ho detto loro che sono orgoglioso, perché prima di avere ottimi giocatori ho ottime persone. Hanno mostrato di esserlo in quella circostanza. Di solito un allenatore deve spingere i suoi giocatori prima di una partita, deve trovare il modo di motivarli. Stavolta non sono riuscito a dire nulla a loro, li ho lasciati affrontare la situazione. E mi hanno mostrato di essere grandi uomini".

Il ricordo

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Conte torna anche sui suoi anni con Ventrone, i 10 alla Juve quando ancora giocava ma anche quelli al Bari e all’Atalanta, tra i suoi primi passi in panchina. "Da giocatore era durissima lavorare con lui - confessa, ritrovando un sorriso -. Ci mostrò un modo diverso di lavorare. Ricordo che un giorno mise una grande campana in palestra e ci disse: 'Se qualcuno vuole arrendersi, non vuole finire quello che stiamo facendo, deve andare lì e suonare la campana'. È un esempio della persona che era, uno dei modi in cui mi ha spinto a raggiungere il mio vero potenziale, ad andare oltre i miei limiti. Per questo motivo penso che in soli 10 mesi la gente qui al Tottenham l’abbia amato, perché ha scoperto una grande persona e un grande professionista. Non c’è nessuno meglio di lui. E i suoi insegnamenti li terrò nel mio cuore e nella mia testa".

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