Il tecnico degli Spurs: "Ho preso una squadra in una situazione difficile. Il nostro obiettivo è lavorare duro per migliorare. Per trionfare bisogna porre le basi, ora non siamo pronti: serve pazienza"

Dal nostro corrispondente Davide Chinellato @dchinellato

Il messaggio è chiaro, anche nell’inglese “non buono” che Antonio Conte autodenuncia. "La mia sfida col Tottenham è aiutare il club a costruire delle fondamenta solide, non vincere la Premier o la Champions. Se voglio restare qui devo accettarlo, altrimenti me ne devo andare". Non è un addio immediato, alla vigilia della sfida col Crystal Palace nella giornata numero 19 in programma alle 21. Né è una dichiarazione di intenti per giugno, quando scade quell’accordo firmato a novembre 2021 che il club può rinnovare per un’ulteriore stagione. Conte però per la prima volta svela che il suo futuro a Londra è molto più complesso di un risultato, molto meno legato al fatto che il Tottenham faccia o meno acquisti a gennaio per migliorare una squadra che sta denunciando i propri limiti. Dipende anche da lui, da Antonio, che è in una situazione nuova per lui dopo anni al vertice. Una che deve ancora decidere se accettare o meno, a lungo termine.

Contratto

—  

Il futuro di Conte agli Spurs nel nord di Londra è un tormentone già dall’estate, da quando Antonio dopo qualche riflessione ha deciso di onorare fino alla fine l’accordo con quella squadra presa in corsa a novembre 2021 e portata con un “miracolo” (parole sue) fino al 4° posto della passata stagione. L’obiettivo era continuare a crescere facendo ognuno la propria parte, lui in campo e in allenamento e il club supportando il suo lavoro con gli investimenti giusti. "Ho preso una squadra in una situazione difficile, per tanti motivi - spiega -. Non è stato facile all’inizio per me accettare quali erano i nostri obiettivi, che la mia sfida era cercare di ricostruire il club e non quella di vincere come sono abituato a fare. Penso comunque che sia un’esperienza importante, che ho accettato perché ho trovato un club moderno, in cui sono felice, composto da persone che vogliono costruire qualcosa sapendo bene quale era la situazione di partenza. Siamo in un processo che è cominciato, che può essere accelerato con investimenti importanti o procedere passo dopo passo. Non è il momento di pensare a vincere, non dopo un solo anno insieme: il mio obiettivo è lavorare duro con staff e giocatori per migliorare il club e costruire fondamenta solide. Se sono soddisfatto di questa situazione rimarrò, se non sono convinto al 100% allora posso andarmene". Sono riflessioni che Conte ha cominciato a fare, anche in quei discorsi col club di cui ha deciso di non parlare più in pubblico. Il Tottenham conosce bene la posizione di Conte, sa che non è il tipo da farsi imporre una stagione addizionale in un progetto di cui non è pienamente convinto solo perché è una possibilità prevista dal contratto. Da quando è diventato un allenatore top, Conte ha sempre lavorato in squadre che puntavano al traguardo massimo: al Tottenham non è così. Ha cominciato a gettare le fondamenta, quelle che servono per vincere, ma il traguardo è ancora lontano.

Impegno

—  

Il fatto che Conte non sia ancora sicuro al 100% di restare non fa venire meno il suo impegno. "Io non dormo per questo club, mi impegno al massimo per capire come migliorare". È per questo che si spazientisce quando i tifosi fischiano, quando quell’entusiasmo che si respirava al Tottenham Stadium a inizio stagione, quando gli Spurs parevano essere la terza forza della Premier dietro City e Liverpool, si trasforma in frustrazione per sconfitte come quella con l’Aston Villa che denuncia tutti i limiti di organico di una squadra che è ancora nel processo di trasformarsi in una contender. "Capisco che i tifosi vogliano vincere, ma per farlo bisogna prima creare delle basi. E serve pazienza - dice -. Stiamo tutti lavorando duramente per il meglio del club, stiamo ancora cercando di costruire qualcosa. In questa fase può capitare di vincere un trofeo, ma per me contano la Premier o la Champions, non certo la Carabao Cup: per quegli obiettivi servono delle basi, quelle che noi stiamo cercando di costruire e che ancora non abbiamo. In questo momento non siamo pronti per vincere". È un concetto che Antonio sta ripetendo molto nelle ultime settimane, sperando che tutto l’ambiente del Tottenham lo accetti. Deve accettarlo anche lui, pensando non tanto al presente quanto al futuro. La prima volta in Inghilterra, col Chelsea, ha giocato per la Premier e poi vinto pure la FA Cup. Poi è tornato all’Inter e ha vinto lo scudetto. Col Tottenham quell’obiettivo è ancora lontano. Forse ancora troppo, perché Conte a fine stagione decida che questa parte di Londra, lo stadio col galletto d’oro che guarda dall’alto, e il Tottenham stesso sono il posto giusto per lui.

Adblock test (Why?)