L’ex attaccante di City e Juventus, oggi tecnico dell’Independiente, in prima linea contro il degrado educativo dei giocatori argentini. “Ci sono ragazzi che non sanno fare addizioni e sottrazioni e non sanno leggere. Dopo gli allenamenti, due ore di studio per tutti”

Adriano Seu

Da goleador letale a fine stratega ed educatore. Carlos Tevez si conferma personaggio mai banale e dimostra una volta di più le radici di quel soprannome che si è portato dietro durante tutta la propria carriera, sia quella da bomber (archiviata un anno e mezzo fa) che quella da allenatore (giunta alla seconda panchina). El jugador del pueblo (il giocatore del popolo) non ha mai perso il contatto con la realtà e soprattutto con le proprie origini, le stesse che condivide con la grande maggioranza di giovani calciatori argentini che sognano di sfondare proprio come fece lui, riuscendo a emergere tra miseria, degrado e criminalità. Carlitos lo ha dimostrato concretamente nell’ultima intervista a cuore aperto rilasciata in patria, lamentando il drammatico livello educativo e culturale in cui versano tanti ragazzi che oggi allena all’Independiente e annunciando uno specifico programma di lotta all’analfabetismo. “Perché lo studio - ha spiegato l’Apache - è l’unico mezzo per combattere la povertà”. 

tevez in prima linea

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“Io e il mio staff abbiamo fatto un esperimento, chiedendo ai nostri giocatori di risolvere semplici addizioni e sottrazioni sotto stress fisico. Al termine di ogni esercizio intenso, ho chiesto loro di dirmi quanto faccia 2 più 2 e tre ragazzi non hanno saputo rispondere. Ecco cos’è la povertà”, ha sentenziato Tevez. “Possiamo dare cibo, aiuti materiali, ma è solo con lo studio che si esce dalla miseria. Per vivere dignitosamente e sapersi destreggiare - ha proseguito Carlitos - è indispensabile studiare, saper leggere e sapere cosa si firma. Ecco perché con il club abbiamo deciso di avviare un progetto specifico per garantire un insegnante a ogni ragazzo: dopo ogni allenamento, chi ne avrà bisogno si fermerà due ore in più per studiare e colmare le proprie lacune”.

l'esperienza dell'ex juve

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D’altra parte, nessuno meglio di Carlitos conosce le problematiche denunciate nell’intervista concessa ad Alejandro Fantino. Lui che è nato e cresciuto a Fuerte Apache, quartiere tra i più poveri e pericolosi di Buenos Aires, simbolo di quella miseria che oggi attanaglia quasi il 50% della popolazione argentina, ha imparato che la vita di un giocatore (anche se di successo) è molto di più che tirare calci a un pallone. “Ricordo bene cosa significhi nascere e crescere nella povertà assoluta. Vedevo i miei genitori svegliarsi alle 6 di mattina e rientrare a casa alle 7 di sera con i vestiti rotti e sporchi di calce. Si spaccavano la schiena per portare a casa un po’ di soldi e per mettere un piatto in tavola. Da lì - ha confessato Tevez - ho capito il valore del sacrificio e del lavoro, ma ho anche capito l’importanza di sapersi esprimere per evitare di essere fregati e raggirati. L’importanza di saper leggere per non vivere nell’ignoranza e nell’emarginazione”. Da qui la nuova missione dell’Apache, nel frattempo impegnato a risollevare i destini sportivi di un Independiente invischiato in zona retrocessione fino al suo approdo in panchina. Da quel giorno, meno di due mesi fa, Carlitos ha portato la squadra al secondo posto provvisorio in classifica, frutto di quattro vittorie e tre pareggi in otto giornate. E adesso l’obiettivo di Carlitos è molto più grande: insegnare a vincere non solo sul rettangolo di gioco, ma anche nella vita.

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