Chi ha il “G” factor? Prima ancora della risposta è necessario capire cosa rappresenta quella “G”. L’arcano è prontamente risolto: rappresenta l’iniziale dei cognomi di Galderisi e Gallo. Due allenatori del recente passato del Foggia Calcio. Entrambi hanno avuto a che fare con situazioni per certi versi simili a quelle che oggi sta vivendo il club rossonero. Già, perché i problemi evidenziati dal Foggia, al netto della generica mancanza di risultati, sono la ricerca di una compattezza di squadra e la definizione di un assetto tattico che doni finalmente equilibrio e razionalità all’undici titolare.

I NUMERI – Nelle prime undici giornate di questa stagione, a fasi alterne, il Foggia ha alternato moduli con la difesa a quattro (4-3-3, 4-2-3-1, 4-1-4-1) e moduli con la difesa a tre (3-4-3, 3-4-2-1), filosofie diverse e talvolta contrapposte. Il denominatore comune, purtroppo, è stata la mancanza di equilibrio, con tanti gol subiti (troppi) in questo inizio di stagione. Da qui l’esigenza del fattore “G”. Per capirne a pieno il senso di quanto detto fino ad ora, bisogna fare due passi indietro nel tempo.

UN GRUPPO – Il primo arriva al 2008. A fine gennaio, dopo una vittoria interna, il Foggia esonera il tecnico Campilongo e chiama allo Zaccheria Nanu Galderisi. L’ex allenatore della Cavese, rivelazione della precedente stagione di Serie C, pagò a suo tempo non solo una serie di risultati poco brillanti, ma anche una situazione poco tranquilla delineatasi all’interno dello spogliatoio. Quella squadra poteva contare su calciatori di indubbie qualità e di spiccata personalità, spesso esuberanti. I rapporti si irrigidirono soprattutto dopo la sconfitta interna contro il Cittadella (2-3 con reti di De Gasperi e un certo Meggiorni per i veneti). In sala stampa il tecnico si lamentò apertamente dell’atteggiamento di alcuni componenti della squadra.

NANU IL NORMALIZZATORE – Orbene, con una situazione abbastanza difficile da governare, una squadra troppo in basso in classifica per le qualità del gruppo, con un’ambiente pronto a esplodere, Giuseppe Galderisi riuscì ad essere l’uomo giusto al momento giusto per quel Foggia. Con la terapia del sorriso e della normalizzazione dei rapporti, riuscì a compattare uno spogliatoio spigoloso, facendo diventare quel gruppo di magnifici solisti una squadra. Un po’ quello che fece diverso tempo prima Bruno Pace, protagonista, però, di un autentico capolavoro, perché alla guida di un gruppo qualitativamente inferiore e numericamente infinito (oltre 40 giocatori impiegati in una stagione).

IL MODULO – L’altro passo indietro nel tempo è più corto. Si arriva a due stagioni fa, quando dopo l’era Boscaglia e il 4-2-3-1 insostenibile per gli equilibri della squadra. Un modulo così difficile da interpretare, infatti, richiede estrema mobilità e disponibilità al sacrificio in fase di non possesso agli esterni di centrocampo. Senza contare che la mediana, con solo due uomini a fare da barriera alla difesa, è chiamata a un extra sforzo in termini di corsa e attenzione, per tamponare le eventuali ripartenze avversarie.

Brambilla ha provato a raggiungere quell’equilibrio giocando in stile Barcellona, cioè aggredendo altissimo l’avversario e recuperando palla nella loro metà campo, per costringerlo ad essere continuamente sotto pressione. Ma gli infortuni di quasi tutti i centrocampisti in organico e una scarsa propensione ad adattarsi nell’emergenza (si poteva proporre prima una variante al 4-2-3-1?), lo hanno messo in difficoltà. La domanda che si dovrà porre il nuovo (o vecchio) allenatore è: come posso sostenere 4 punte che difficilmente coprono?

GALLO IL SALVATUTTO – Una soluzione, due stagioni fa, la trovò Gallo. Aveva a disposizione Peralta, Schenetti, D’Ursi e Peschetola. Un’ampia batteria di trequartisti che si trovarono dinanzi a un muro: si gioca 3-5-2 e bisogna adattarsi. Chi lo fa continua a giocare. Una scelta dolorosa? Sì. Impopolare? Certo. Ma necessaria, perché quel centrocampo non riusciva a garantire sufficiente sostegno. La soluzione può essere riproposta? Si, no, forse. All’epoca risultò vincente, ma non è detto che succeda la stessa cosa. Quello che va tirato fuori è il concetto di base. Gallo scelse una strada, assumendosi un rischio, e la affrontò percorrendola con convinzione fino in fondo.

L’altro importante merito di Gallo fu quello di essere drammaticamente realista. Dal primo istante parlò di salvezza a una squadra costruita per vincere il campionato e con indubbia qualità, ma che rischiava di retrocedere dolcemente, quasi senza accorgersene, ben convinta di poter rimontare in classifica. Un’altra sveglia che questo foggia deve azionare il più in fretta possibile. Chi sarà il nuovo allenatore del Foggia dovrà provare a risolvere tutte queste problematiche.

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