
Serve un’impresa. Disperata, sicuramente, ma non impossibile, anche perché tale la identifica la storia. Per cercare di ottenere la salvezza in C sul campo, il Foggia dovrà quantomeno pareggiare (o vincere) il doppio confronto con il Messina nei playout che si terranno tra due settimane. La certezza di partecipare agli spareggi è arrivata ieri sera al termine dell’ultima giornata di campionato. I siciliani vincono, la Casertana pure, nonostante le difficoltà di giocare sul campo del Trapani e celebrano la permanenza. Gli unici a non vincere in coda alla classifica sono i rossoneri, che sì, interrompono il digiuno di punti che durava da sei giornate, ma non vanno oltre un pari contro un avversario, il Picerno, pago per il campionato appena concluso e con la testa già ai playoff.
NUMERI – Il quadro è a dir poco allarmante. Il Foggia non vince da quasi due mesi. L’ultimo successo risale al 9 marzo scorso, quando Salines e soci riuscirono a sconfiggere allo Zaccheria il Sorrento. All’indomani di quella vittoria tutti parlavano di salvezza virtualmente acquisita. Già, perché sarebbe bastato un punto, quello nello scontro diretto con il Messina, per chiudere ogni partita salvezza. Invece il Foggia è incappato in una serie nera senza fine. Sette partite, un punto, cinque gol segnati e quindici subiti. Ancor più allarmante è la mancanza di reazione da parte della squadra, che in tutte queste partite, fatta eccezione per Crotone e Cerignola, non ha mai dato la reale impressione di poter andare facilmente in gol.
BEFFA DA EVITARE – Il tempo dei giudizi, però, è sospeso. L’obiettivo, prima di ogni altra cosa, è la permanenza del club tra i professionisti. Retrocedere sul campo in Serie D sarebbe la certificazione del punto più basso dei 105 anni di storia rossonera. Mai, infatti, la squadra dauna è scesa in D per demeriti sportivi. Di più. Un eventuale catastrofe sportiva complicherebbe qualsiasi trattativa di cessione del club, rendendo vani i tentativi di salvataggio sotto il profilo societario. Per riuscire nell’intento, però, il Foggia ha bisogno di orgoglio e carattere. Deve trovare la voglia di stringere i denti e dare tutto per 180 minuti. Nessun’altro sforzo si può aggiungere in questa travagliatissima stagione. Ma se il nemico più grande dei rossoneri è il Foggia stesso, non è da meno la storia. Corsi e ricorsi storici impongono ai satanelli di oggi di studiare per evitare un film già visto. Ogni retrocessione storica ha delle analogie con questa, soprattutto i due punti: un’apparente tranquillità a metà campionato e un errore in un match salvezza decisivo.
MAESTRELLI – Torniamo indietro al 1970-1971. Il Foggia di Maestrelli è da poco approdato in Serie A e dà spettacolo in lungo e largo per l’Italia con il suo calcio offensivo. Dopo quasi tre quarti di stagione i rossoneri sono stabilmente nella prima metà di classifica e sembrano certi di poter raggiungere con calma l’obiettivo della permanenza. I quotidiani, al momento di indicare le pericolanti, nemmeno citano la squadra di Maestrelli, distante e senza patemi d’animo. Poi, inatteso, arriva il tracollo sancito da numeri in rosso: zero vittorie nelle ultime otto partite e arrivo a pari punti in classifica con Sampdoria e Fiorentina al terzultimo posto, l’ultimo che decreta la retrocessione. In B però scende il Foggia per la peggior differenza reti. Sì, indubbiamente hanno contribuito anche decisioni arbitrali non sempre condivise dal pubblico rossoneri. Clamorosi furono gli episodi nello scontro diretto Foggia-Fiorentina 1-1. Anche in quel caso una vittoria avrebbe chiuso ogni gioco, ma tra un penalty fischiato contro e due non decretati a favore, i rossoneri sono naufragati sul più bello.
TONEATTO – La storia si ripete nella stagione 1973-1974. Il Foggia di Toneatto, appena approdato in A, si rende protagonista di un girone di andata strepitoso. Il 6 gennaio del 1974 Pirazzini e soci sono addirittura terzi in classifica dietro Lazio e Juventus. Ad un certo punto della stagione si fa il conto alla rovescia dei punti mancanti e a conti fatti ne basterebbero due, che però non arriveranno mai. Anche in questo caso a fare da spartiacque è uno scontro diretto. Il pareggio interno 2-2 con la Sampdoria, giunto al 90’, è il punto di non ritorno della squadra del “Sergente di Ferro”. Si, a penalizzare i rossoneri sono stati soprattutto gli infortuni. Si fanno male Pirazzini, Salvori, Colla e Scorsa, ma anche in questo caso la permanenza, che a metà campionato sembrava già certa, sfugge incredibilmente di mano ai satanelli.
CATUZZI – Con un balzo temporale lunghissimo passiamo al 1994-1995. Il Foggia vive il dopo Zeman e in panchina arriva Enrico Catuzzi, altro profeta della “zona”. Il girone di andata è strepitoso, con il Foggia quarto in classifica capace di battere anche la Juventus allo Zaccheria. Poi il crollo. Lo scontro diretto che fa male ai rossoneri è quello con la Cremonese allo Zaccheria. Una partita priva di emozioni destinata allo 0-0 viene scossa al 90’ da un rigore sciaguratamente propiziato dalla difesa rossonera. Dal dischetto Enrico Chiesa (papà di Federico) fa gol e permette ai grigiorossi di salvarsi. Il Foggia scivola mestamente in B.
CASO – Nel 1997-1998 il Foggia affidato a Mimmo Caso fu costruito per raggiungere la promozione in Serie A. Puntava su David Di Michele e Vincenzo Chianese in attacco. Disponeva delle stelline della Nazionale U21 Giuseppe Colucci e Dayo Oshadogan. In porta c’era Flavio Roma, che avrebbe giocato una finale di Champions. A disponeva di nazionali come Artner (Austria) e Bak (Danimarca), oltre agli stranieri Vukoja (Croazia) e Axeldal (Svezia). Quel Foggia sognava la promozione in Serie A, ma non riuscì mai ad entrare nel lotto delle contendenti. Anzi, poco alla volta perse terreno fino a farsi inghiottire nella lotta salvezza. Anche in questo caso uno scontro diretto è decisivo. Il Foggia ha la match-ball salvezza allo Zaccheria contro il Ravenna. I romagnoli arrivano in puglia con Dell’Anno (stella della squadra) stirato. Iniziano il match con l’espulsione di Rinaldi, il centrale e passano in svantaggio di ben due gol. Segna Oshadogan su punizione, poi raddoppia Chianese. Quando la partita sembra ormai chiusa va in scena la fiera degli orrori e negli ultimi trenta minuti prima accorcia Bertarelli, poi pareggia Pietranera. I giallorossi si salveranno il Foggia retrocederà.
BRINI – Nel 1998-1999 il Foggia inanella la sua seconda retrocessione di fila. La squadra non decolla mai e vive nei bassifondi della classifica. A fare da spartiacque, ancora una volta, è uno scontro diretto nel finale di stagione. Allo Zaccheria arriva l’Acireale fanalino di coda del campionato. Il foggiano Giuseppe Perrone porta in vantaggio i rossoneri al 61’. Pareggia al 77’ Benedetto Mangiapane. Con quella vittoria, probabilmente, ci sarebbe stata la possibilità di giocare il ritorno dei playout in casa. Invece si giocò ad Ancona. Lagrotteria pareggiò il vantaggio nel match di andata segnato da Pilleddu (fu annullato anche un gol in dubbio fuorigioco a Perrone) e salvò i dorici allenati da Giordano per una miglior posizione in classifica.
“SAN CARACCIO” – A leggere tutto questo c’è da tremare, eppure una speranza per il Foggia c’è ancora. In questo caso, i corsi e ricorsi storici vengono a favore dei rossoneri. Già, perché la maledizione degli spareggi l’ha rotta Franco Caraccio, un ragazzo di Chacabuco, un paesino nell’entroterra della provincia di Buenos Aires, in Argentina. Un attaccante che sembra essere nato per salvare il Foggia. Prima di vestire il rossonero aveva giocato qualche partita nell’Arsenal de Sarandi, per poi trasferirsi in MLS agli Houston Dynamo e tornare in patria nella formazione cadetta dell’All Boys. Il Foggia lo prelevò nel 2009-2010, ma il suo rendimento fu estremamente altalenante. Contò in quella stagione 14 presenze senza reti. Il campionato dei dauni si rivelò disastroso e perse anche in casa 0-3 lo scontro diretto con la Spal. La salvezza passava quindi dagli spareggi con il Pescina Valle del Giovenco. In quel caso, proprio come accade oggi, il ritorno era allo Zaccheria. All’andata il Foggia espugnò lo Stadio dei Marsi 1-2, poi però, al ritorno, si trovò incredibilmente 0-2 sott. La Serie C2 sembrava ormai certa, ma a salvare tutto ci pensò proprio Caraccio, che al 95’, di testa, segnò il gol che valse una carriera, mentre a migliaia di chilometri di distanza perdeva suo papà..
SPERANZA – E proprio da Caraccio il Foggia deve ripartire, forte del fatto che quando ha avuto la gara di ritorno in casa, ha saputo capitalizzare con bravura e fortuna, le sue possibilità di salvezza. Serve però un Caraccio, un ragazzo senza paura e un po’ incosciente, che decide di buttarsi su un pallone all’apparenza inutile al 95’, con uno stadio in pieno tumulto. Per quanto riguarda le altre stagioni, il Foggia di oggi ha l’occasione di riscattare questo percorso nefasto. Può permettersi ancora di scrivere un lieto fine, inatteso, a una pagina nera di storia. Deve convincersi che adesso, con i playout inizia un altro campionato, in cui tutto quello che è stato fatto non ha più un collegamento con il presente. Inizia una nuova stagione in cui si riparte da zero. Una stagione brevissima, che richiede uno sforzo enorme in pochissime ore di lavoro. Ma è uno sforzo che vale una stagione.