Quando si parla di playout a Foggia, l’unico nome che torna alla mente è quello di Franco Caraccio. A lui, infatti, è dovuta la salvezza in Serie C1 del 2009-2010, nel doppio confronto con il Pescina Valle del Giovenco. La storia merita di essere ricordata. Dopo una stagione altalenante, il Foggia si ritrova impelagato nei playout contro la formazione abruzzese. I rossoneri vincono 1-2 all’andata allo stadio Dei Marsi, ma a una manciata di minuti dal termine della gara di ritorno si trovano incredibilmente sotto di due gol. Il calcolo è facile: Foggia 2 – Pescina 3. La salvezza è virtualmente nelle mani dei biancoverdi, che attendono solo il fischio finale per festeggiare. Il tecnico Ugolotti tenta il tutto per tutto ed inserisce un altro attaccante.

EROE – Dalla panchina si alza Caraccio, un ragazzo di origine argentina, nato nell’entroterra della provincia di Buenos Aires, a Chacabuco, tifoso del Boca Juniors e aspirante calciatore. Un ragazzo che sognava di giocare in Europa e che ci era arrivato dalla porta secondaria, approdando in Serie C in un club in quel momento in difficoltà come il Foggia. In stagione aveva collezionato solo 14 presenze senza segnare gol. E quella dello Zaccheria si apprestava ad essere la quindicesima. In campo intanto succede di tutto, così come sugli spalti. La tifoseria è in tumulto, spaventata da una retrocessione sempre più vicina. In quell’atmosfera pesantissima si giocano gli ultimi minuti.

L’arbitro assegna cinque minuti di recupero, che passano in un lampo. Ma proprio all’ultimo respiro, con gli abruzzesi pronti a festeggiare, Ceccarelli (di professione centravanti, ma posizionato chissà come sulla corsia di destra), mette al centro un cross perfetto per Caraccio che di testa infila il sette della porta e salva i rossoneri nel delirio dello Zaccheria. Nella sua storia il Foggia ha affrontato diversi playout, perdendoli (vedi Ancona) ma quando ha avuto modo di giocare il ritorno in casa (come nel caso della sfida al Messina) non ha sbagliato.

E se non ha sbagliato lo deve anche e soprattutto a Franco Caraccio, che Foggiasport24 raggiunge mentre è nel suo ufficio di Buenos Aires, dove svolge attività di contabile.

Franco, oggi vivi in Argentina e la distanza non ti aiuta di certo, ma stai seguendo il Foggi? Sai che sarà costretto a disputare i playout?

«Sì, certe volte di più certe volte di meno, ma lo seguo sempre. Mi stanno arrivando parecchi messaggi da Foggia in queste ore perché tutti ricordano quella partita, gli ultimi playout. Mi dispiace che il Foggia si ritrovi in questa situazione, ma come sempre nella vita bisogna prendersi le responsabilità ed uscire a testa alta da questo scontro. Diamo fiducia ai ragazzi e allo staff che sicuramente ce la farà»

Sei stato protagonista di un playout e, di fatto, hai salvato il Foggia da una certa retrocessione nel 2009-2010. Che ricordi hai di quella stagione e di quella partita?

«Molto belli. Ho conosciuto brava gente, mi sono fatto tanti amici in quella che era la mia prima esperienza in Italia. Mi sono divertito, anche se ci siamo ritrovati a giocare i playout, cosa che a Foggia, una piazza diversa da tutte le altre, mette molta pressione. In quell’occasione, a livello di gruppo e di staff siamo stati bravi a fare bene e ad arrivare alla salvezza. Quella partita è stata difficile perché noi avevamo tanto da perdere, mentre loro no. Erano una società piccola e senza pressioni, ma con calciatori molto forti. Ho fatto gol e ci è andata bene. Ho cercato il gol tutto l’anno ed è arrivato proprio in quella partita».

Raccontacelo quel gol e descrivici l’emozione dello Zaccheria che esplode di gioia…

«Lo racconto come lo faccio ai miei amici e spero che queste parole possano aiutare i ragazzi che giocano adesso. Ricordo che c’era un ambiente pesante allo stadio. Noi giocammo una buona partita ma non riuscivamo a segnare. Loro ci fecero subito gol, ma eravamo ancora in vantaggio dopo il risultato dell’andata. Nel secondo tempo, però, su una pala da fermo loro fanno gol e improvvisamente sentiamo il mondo cascarci addosso. Adesso erano loro a salvarsi. Sentivamo che poteva andare tutto storto. Ero in panchina e il mister mi ha chiamato per entrare. Sentivo l’atmosfera, ma mi convincevo che una volta entrato in campo sarebbe passato tutto. Invece sbaglio il primo pallone che tocco, poi un altro. Per i calciatori è così, capii che non mi sentivo bene, ma continuai a giocare e impegnarmi. La situazione era pesante, i tifosi volevano entrare in campo e la testa viaggiava ormai da sola, ma qui mi sento di dare un consiglio ai ragazzi. Stare tranquilli, pensate solo a giocare. Così ho fatto e alla fine ho segnato un bel gol. Lo ricordo: è spiovuto in area un cross bellissimo di Ceccarelli, ho preso la palla benissimo di testa ed è entrata in porta. Erano tutti felici. Non è stato certo facile, ma le cose difficili sono spesso le più belle»

Mentre giocavi persi tuo papà, dopo aver donato una gioia grandissima alla città, provasti un enorme dolore personale.

«Si, sembra una storia da film e anche qui in Argentina sempre mi chiedono di raccontarla. Posso dire che la salvezza mi aiutò a passare quei giorni difficili. Quella gioia calcistica mi ha aiutato ad andare avanti dopo un evento che ancora oggi fa male, perché sempre mi manca il mio papà e anche se passa il tempo questa ferita non guarisce»

Come ci si salva in un playout?

«Non mi sento un esperto, ho solo quell’esperienza da cui, però, ho imparato tanto. Consiglio ai ragazzi di stare uniti, di cercare di non sentire la pressione che avranno addosso e crederci. Crederci perché sono giocatori che, anche se non conosco personalmente, sono di gran valore. Devono credere in loro stessi, ce la possono fare. Devono lavorare soprattutto sull’aspetto mentale. Spesso queste sono partite che si decidono all’ultimo su qualche episodio. Bisogna cercare di lavorare sull’aspetto mentale»

Che cosa porti dentro dell’esperienza di Foggia e quanto è importante salvare qui il calcio?

«Ho ricordi positivi di quell’esperienza, anche se alcuni momenti non sono stati belli perché abbiamo perso qualche partita. Ovunque vado mi chiedono di Foggia, anche i colleghi di lavoro mi chiedono della città e cercano i video delle partite su internet. Per chi segue il calcio Foggia vuol dire tanto, è una piazza bellissima che io purtroppo non mi sono goduto a fondo perché ero giovane ed ho giocato un solo anno, ma è una piazza in cui tutti vogliono andarci. Quando si vince lì è tutto bellissimo, quando si gioca per salvarsi, invece, è tutto più difficile. Ma sono orgoglioso di aver giocato in una delle piazze più grandi del Sud. Una città come Foggia merita di rimanere in C per la città, per i tifosi, per le strutture che ha e salvarsi è anche importante per il futuro dei giocatori»

Quale augurio rivolgi ai tifosi del Foggia?

«Mi auguro che riescano a salvarsi pacificamente, senza fare drammi. Se capita di retrocedere vi dico rimanete tranquilli, perché nel dolore può esserci una nuova rinascita. Andate allo stadio, tifate per il club e penso che ce la faremo perché ho fiducia nei ragazzi e nello staff. Tifate e riempite lo Zaccheria e sono sicuro che ce la faremo»

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