Il confronto era, di fatto, tra le squadre più in crisi dell’ultimo mese. Foggia, un punto nelle ultime 5 gare. Turris, ex sorpresa del campionato, 4 nelle ultime 9. In riva al Tirreno, “dopo attenta riflessione”, ne aveva già fatto le spese il tecnico della trionfale promozione Fabiano. Fra i campi del Tavoliere era altresì apparsa qualche crepa sulla granitica fiducia nella rivelazione Marchionni.
Ne è invece uscita una bella partita. Pressing alto da ambedue le parti e ritmi elevati. Foggia più reattivo rispetto al (quasi) nulla delle ultime esibizioni. C’è più movimento, più cazzimma. Riappaiono sovrapposizioni appena abbozzate con la Vibonese. Avanti, D’Andrea torna in modalità “moto perpetuo”; in mezzo, Morrone, incassati mercoledì i complimenti di Marchionni, fa il direttore, non dico d’orchestra (mancano i violini) ma almeno di banda (si risentono i fiati); dietro ci si divide i compiti secondo le inclinazioni: Anelli mena e sbraita, Gavazzi chiude e mette ordine, Del Prete ha la licenza di avanzare e impostare. AI lati Kalombo e Di Jenno si cimentano nelle due fasi, con i soliti “problemi” in sede cross per l’italo-congolese e qualche grattacapo per l’under lombardo a fronte delle iniziative dell’asse Da Dalt-Tascone. Oltre a questo duo relativamente intraprendente, dal canto suo la Turris ha un buon giocatore per ogni reparto: Loreto, Romano e Giannone. Ma davanti il carneade moldavo Boiciuc (arrivato a inizio anno) è un oggetto misterioso mentre in terza linea due su tre sono un mezzo disastro.
Del fattivo clima generale, dopo ben tre palle gol per parte (Persano spreca con un passaggio a Fumagalli, Lonoce va in stile Garella sul colpo di testa di Del Prete), ne approfitta Curcio che tira fuori un capolavoro che definire da cineteca non è affatto un’esagerazione.
Il vantaggio dura poco: i corallini, squadra rabbiosa e tenace (come visto già all’andata), fanno densità sul corner e la spingono di forza in porta. Il limite dei rossoneri è nell’equilibrio: quando la Turris alza le folate la squadra si spezza e dietro si balla. Mentre in avanti il prodigio di Curcio riempie un po’ il “vuoto” non colmato a sufficienza dall’incessante movimento di D’Andrea.
Il secondo tempo ripropone gli stessi ritmi a tratti forsennati del primo. Il Foggia prova ad arrembare di più. Lo agevola la sciocchezza di Lorenzini (davvero pessimo, sia all’andata che al ritorno) che, evidentemente esasperato dalla zanzara D’Andrea, non trova di meglio che schiaffeggiarla. L’espulsione sarebbe inevitabile anche per un arbitro dalla mano più leggera del fustigatore Caldera. A quel punto il Foggia non ha più scuse. Memore di Bari, Marchionni procede stavolta immediatamente ai cambi. Fuori Kalombo (con accluso disinnesco dell’evidente rischio seconda ammonizione “compensativa”), dentro Balde. Che resta il solito Balde: tanta corsa e altrettanto caos si neutralizzano, e il saldo è zero. Va meglio l’impatto in partita di Agostinone, dirottato però in terza linea per la necessaria sostituzione di Del Prete (ancora un infortunio).
Il Foggia però non la sfanga: è anzi la furiosa Turris (all’ultima folata, prima di rintanarsi per l’inferiorità numerica) a obbligare Fumagalli a un difficile intervento quasi sotto il sette. I satanelli provano a “creare i presupposti” (cit. Marchionni) , la manovra è anche buona ma il “vuoto” di cui sopra resta e negli ultimi venti metri si perde in inutili rivoli. Morrone qualche errore lo fa pure, ma è solo per la legge dei grandi numeri: tocca infatti una mole enorme di palloni.
Alla fine arriva l’aiutino, quando su un cross velenoso di Vitale (secondo assist di giornata) arriva “l’autogol dell’ex” di Johad Ferretti. (E sì, perchè pochi lo sanno, ma Ferretti ha passato diverso tempo a Foggia. In prova. Visto oggi, non averlo preso equivale ai due piccioni con una fava).
La vittoria è comunque meritata. Curcio la suggella (stavolta l’assist è di D’Andrea): con i due dell’andata è poker, a Torre del Greco non lo vorranno più rivedere. Soprattutto, il Foggia, dopo 4 gare a secco, ne fa tre in un colpo solo.
A questo punto, di salvezza non si parla più. Le prime 4 della classe sono già tutte affrontate (pagandone abbondantemente il fìo): ora, fino a quasi fine stagione (si chiuderà con Juve Stabia, in gran spolvero, e Catania) i rossoneri attendono solo avversari che in questo momento gli guardano le spalle. La società targata Pintus ha ora una bella responsabilità: dare tranquillità a una squadra che, probabilmente, ne ha assoluto bisogno se deve riprendere ancora a volare al di sopra dei propri limiti (perchè perseguire i playoff questo vuol dire). Magari cominciando a discutere di qualche rinnovo (intelligentibus pauca) e a gettare le basi per il futuro….
Centrare i playoff significherà che il “volo” sarà riuscito. E che, in torre di controllo, smentendo qualche perplessità che neanche tanto silenziosamente permane, si sarà stati capaci di guidarlo…
Giancarlo Pugliese