Nella sua carriera ha vestito davvero tante maglie diverse. Kevin-Prince Boateng ha girato il mondo calpestando i più importanti terreni di gioco: dall’Italia alla Spagna, passando per le esperienze in Germania e in Turchia. Adesso, il centrocampista offensivo, ormai diventato attaccante, si diverte al Monza dove ha deciso di andare per aiutare il club a conquistare la promozione in Serie A. Intervistato da DAZN, nel corso dell’appuntamento Linea Diletta con Diletta Leotta, il calciatore ha parlato a lungo di diversi temi.
Boateng: Messi e Cristiano Ronaldo
“I sei mesi a Barcellona sono stati incredibili: io all’inizio non ci credevo, pensavo mi cercasse l’Espanyol di Barcellona, non il Barcellona vero e proprio”, ha raccontato Boateng. “Allenarmi con Messi mi ha lasciato senza parole: avevo sempre detto che Cristiano Ronaldo era il più forte del mondo, ma Messi è un’altra cosa, non è normale. Mi allenavo con lui e, per la prima volta nella mia carriera, mi sentivo scarso: faceva delle robe incredibili, mi veniva voglia di dire ‘lascio perdere, smetto di giocare'”.
Milan e razzismo
Spazio anche per un’altra parte importantissima della carriera del Boa, quella al Milan con un particolare ricordo legato alla notte della festa scudetto nel 2011: “Fu una serata pazzesca. Non mi ero preparato per il Moonwalk, me l’aveva detto solo poco prima della partita che l’avrei fatto: non ero preparato, all’ultimo ho scoperto che c’era il vestito pronto ed un palco, quindi è stato tutto naturale, è uscito così. Forse è stato il momento con più pressione della mia carriera: 85 mila persone che mi fissavano!”.
E ancora sul suo passato in Italia e la lotta al razzismo: “Nel calcio non è cambiato nulla dal 2013: forse qualche multa in più, ma non è cambiato niente, è triste. Succede ancora, succede troppo. Il cambiamento viene da Fifa e Uefa: noi calciatori siamo importanti, proviamo a parlare, usiamo i social, usiamo le interviste, però se non parte da sopra è difficile per noi”, ha dichiarato il calciatore del Monza. “Nel 2013 dicevo sempre la mia speranza era quella che i bambini non sapessero mai cosa significava il razzismo, e invece purtroppo se ne sente parlare più oggi di ieri. C’è bisogno di tutti, anche di chi non sa cosa voglia dire sulla sua pelle il razzismo”.