Il documento di Messi al Barça con un mezzo sconosciuto ai più. La farsa dell’esame di Suarez, lo sport Usa "rinchiuso" e il termine che il Covid ha trasformato: l’annus horribilis ha cambiato così il nostro vocabolario
Nell’epoca del cloud e dei documenti che viaggiano in rete per oceani e montagne, fa strano pensare che si possa ancora mandare un messaggio ufficiale – di importanza quasi storica – con un fax. Anzi, un burofax.
Eppure, questa parola è entrata per qualche giorno a far parte del lessico comune dello sport (come i comunissimi “fuorigioco”, “passi” o “doppio fallo”) per il tanto chiacchierato addio di Messi al Barcellona. Attraverso un burofax, infatti, la Pulce aveva reso nota ai blaugrana la volontà di rescindere il contratto con il club. Ma di cosa si tratta? È un documento, ancora molto utilizzato in Spagna, con cui si certifica in maniera legalmente affidabile il mittente, il destinatario e il testo di un messaggio. Fa sorridere che Messi abbia usato uno strumento che in questi giorni consideriamo obsoleto, ma nell’anno del distanziamento sociale la si può considerare quasi una scelta responsabile.
suarez
—Le sorprese da Barcellona, quest’anno, non hanno riguardato soltanto la Pulce. Luis Suarez ha lasciato la Catalogna e per un po’ è sembrato destinato alla Juve, che però non poteva tesserarlo in quanto extracomunitario. La vicenda dell’esame di Perugia è nota, le risposte date dall’uruguiano agli esaminatori sono emerse da poco. E voi, lo avete mai visto un bambino portare una cocummella? Il linguaggio, non solo nello sport, è cambiato e si è adattato inevitabilmente alla pandemia. Pensate al significato che la parola “positivo” ha avuto fino allo scorso 20 febbraio e a quello che ha assunto dal giorno successivo. Tutti, bene o male, abbiamo iniziato ad avere a che fare con termini di cui prima ignoravamo l’esistenza. Quanti sapevano cosa fosse un sierologico? Su, non mentite. E test? Si è passati dal suo significato letterale (prova) a sinonimo dei tamponi effettuati su atleti e staff per verificarne l’idoneità sportiva.
gene n
—Ma non solo, chiunque ha cominciato ad avere a che fare con parole altamente tecniche: vi ricordate il caos tamponi della Lazio, con alcuni giocatori biancocelesti considerati positivi per il laboratorio della Uefa e negativi per quello di Avellino: bene, i risultati contrastanti dei test avevano come nodo della discordia l’ormai famoso gene N. Avreste mai pensato che il mondo dello sport si sarebbe interrogato su un gene? Eppure. Il coronavirus ha cambiato le abitudini di tutti, e per mantenere la forma gli sportivi professionisti hanno dovuto adattarsi, nel lockdown, per non farsi trovare impreparati alla ripresa. E così sono diventati improvvisamente imprescindibili, per i ciclisti, i rulli, strumento forse poco conosciuto da amatori o appassionati occasionali delle grandi corse. Amatori che hanno avuto una loro personalissima rivincita con il bonus bici, strumento messo a disposizione dal governo per aumentare la mobilità green. E le bolle? Sarebbe stato bello continuare ad associarle all’inno del West Ham (“I’m forever blowing bubbles”), invece sono diventate sinonimo di isolamento: nessuno potrà mai dimenticare la “bubble” di Orlando, con alcune squadre Nba chiuse per settimane a Disneyworld per finire la stagione regolamentare e disputare i playoff. Un esempio poi seguito, con alterne fortune, anche Tour de France e Giro d’Italia.
focolaio
—Il termine focolaio sarà stato molto comune per i fan di The Walking Dead, meno per gli altri, e decisamente meno conosciuto era il cluster, ma di casi nello sport non ne sono purtroppo mancati. Né sono mancate violazioni o modifiche ai protocolli sanitari, cui squadre e atleti si sono dovuti attenere scrupolosamente. “Voglio dirlo a tutti i ragazzini che hanno paura quando hanno un qualcosa di strano e non si vedono bene allo specchio: la vita è bella e bisogna affrontarla senza paura, senza nascondersi”. Tra le frasi migliori del 2020 c’è questa, di Gattuso, con cui il tecnico del Napoli ha annunciato di avere la miastenia oculare, una malattia autoimmune che colpisce la vista. Un termine con cui abbiamo iniziato a familiarizzare e che speriamo di non usare di frequente. Ma resta il bel messaggio del tecnico del Napoli, che ha saputo chiudere un anno difficilissimo con le parole più belle.
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