Alcol e depressione, un'accoppiata che non promette mai nulla di buono. Roy Carroll ha raccontato di quando nel 2006 un brutto infortunio alla schiena lo ha messo faccia a faccia con i suoi demoni, che ha cercato di affogare come poteva.
Alcol e depressione, un'accoppiata che non promette mai nulla di buono. Anche per i calciatori, come dimostrano tante storie di campioni caduti nel tunnel della bottiglia che si sono rovinati la carriera. Roy Carroll non è mai stato un vero fenomeno, ma è pur sempre un portiere che ha difeso la porta del Manchester United tra il 2001 e il 2005. E parlando qualche tempo fa al DailyMail ha raccontato di quando nel 2006 vestiva la maglia del West Ham e un brutto infortunio alla schiena lo ha tenuto fermo a lungo. Abbastanza per ritrovarsi faccia a faccia con i suoi demoni e cercare di affogarli come poteva...
TUNNEL - "Sono dieci anni che non bevo. Ma era diventata un'abitudine, una routine. Può succedere a chiunque sia depresso e abbia disponibilità di alcol a casa. E a un certo punto non vuoi altro che farti un paio di birre. Poi va sempre peggio. Ogni giorno sono sempre di più e diventi dipendente. Non mi era mai successo prima di avere un infortunio grave e quindi mi sentivo come se stessi cadendo sempre di più in un buco. Era un qualcosa a cui non ero mentalmente preparato… Ero in una stanza buia e bevevo, fuori non avevo nessuno che mi aiutasse. Nessuno sapeva nulla, perché non ne parlavo mai. Tutti pensavano che fossi la persona più felice del mondo, mentre invece andavo a casa, chiudevo la porta, sbattevo la testa al muro, bevevo qualcosa e cercavo di dimenticare. L'importante per me era liberarmi dalla depressione e ci vogliono parecchi drink per farlo. Ma poi il giorno dopo stavo peggio e quindi tornavo a bere. È una cosa che non funziona… Sono andato a disintossicarmi perché me l'hanno chiesto altre persone: mia moglie, il mio procuratore e i miei amici… Ma io non ci vedevo nulla di strano o di sbagliato, quello era il mio problema". Per fortuna ora Carroll sta molto meglio e fa parte dell'FC Mindwell, una squadra che cerca di recuperare persone con problemi simili.
MORTO - E nessuno meglio di lui sa quanto sia complicato uscirne. "Quando ero sotto contratto con una squadra facevo sempre in modo di non bere il giorno prima di una partita. Ma poi, quando ho smesso di giocare e nessuno mi voleva più, bevevo tutti i giorni. Avevo molto tempo libero e bevevo come un pazzo. Se non mi fossi fermato oggi non sarei qui, non credo che il mio corpo avrebbe retto. Non sono mai arrivato a un punto in cui ho pensato di uccidermi, sono stato fortunato, ma probabilmente sarei morto a forza di bere. La roba che bevevo e il modo in cui la bevevo rischiavano di non farmi svegliare una mattina… Ma adesso non mi interessa più dell'alcol. I primi quattro o cinque anni sono stati complicati, ma ora non ne ho più bisogno. Sono già abbastanza matto anche senza bere! La depressione però ogni tanto ritorna, è un qualcosa da cui non mi libererò mai. Succede a tanti calciatori, ma spesso non lo dice nessuno prima del ritiro. Si cerca di tenersi le cose per sè perché in fondo si parla della propria vita...". Un qualcosa che si sottolinea sempre troppo poco quando si parla del mondo dorato del pallone.
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