Il tecnico dello Shakhtar, insieme al suo staff italiano, è nella capitale sotto attacco: "L'ambasciata ci aveva detto di andare via, ma non potevo lasciare sola la mia squadra. Io sono un uomo di sport"
Sono ore d'ansia e di attesa per Roberto De Zerbi, tecnico dello Shakhtar Donetsk, e per tutto il suo staff italiano, otto persone tra cui il vice Davide Possanzini. Il campionato è sospeso (al momento per un mese), lo Shakhtar, squadra di Donetsk, situata nell'Ucraina orientale a maggioranza russofona, ha però da tempo il proprio quartier generale a Kiev dove lo staff tecnico italiano è al momento asserragliato.
Le autorità ucraine hanno suggerito a tutti di non uscire dall'albergo, anche perché le vie di fuga al momento sono impercorribili. L'aeroporto è chiuso, il carburante ormai introvabile, mentre un fiume di gente (si parla di code lunghe anche 50 chilometri) si sta riversando verso occidente, al confine con la Polonia per sfuggire all'invasione messa in atto da Putin. "Me ne sto in camera, è una brutta giornata - dice De Zerbi -. Ho aspettato a lungo che la federazione sospendesse il campionato, fin da quando è successo quel che é successo col Donbass... però non mi sono mosso, perchè io sono qui per fare sport e non potevo girare le spalle al campionato, ai tifosi che ci seguono. Ho tredici ragazzi brasiliani, il mio staff... potevamo tornare a casa almeno fino a quando non ci fosse stata sicurezza: no, abbiamo aspettato, stanotte ci hanno svegliato le esplosioni". Lo Shakhtar avrebbe dovuto riprendere il campionato sabato in casa del Metalist, a Kharkiv, altra città sotto bombardamento. Ora, alla paura, si aggiunge pure la beffa del destino: il club di De Zerbi aveva fatto ritorno in Ucraina solo domenica, dopo il lungo ritiro invernale in Turchia. "L'Ambasciata italiana ci aveva sollecitato ad andare via ma non potevo, io uomo di sport, girare le spalle al club". Poi De Zerbi conclude ai microfoni di Sportitalia: "Non vogliamo fare gli eroi perché gli eroi non esistono, ma il nostro lavoro ci mette di fronte a delle responsabilità. Io sabato dovevo giocare una partita e quindi, ripeto, non potevo scappare via. Difficile spiegarlo ai nostri cari, a chi ci vuole bene, ai figli che ci messaggiano per dirci di tornare. Stamattina hanno sospeso il campionato e ora la nostra presenza diventa superflua. A questo punto confidiamo che l'ambasciata e il governo ci aiutino a tornare. Sono fiducioso. Tornassi indietro rifarei la stessa scelta".
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