La clamorosa eliminazione contro il Kiel (seconda serie) non è il primo campanello d'allarme. E se pure Gnabry non corre...

Mani nei capelli, urlo di disapprovazione: “Mio Dio”. All'interno dell'Holstein-Stadion di Kiel, al termine della partita fra i padroni di casa e il Bayern Monaco, oltre alle grida di gioia dei vincitori, rimbombava ancora quello di quasi un'ora prima di Flick. Era il 67', il Bayern era in vantaggio 2-1, ma l'atteggiamento dei suoi proprio non lo convinceva. E non è la prima volta. Il suo Bayern, che nella scorsa stagione ha tritato tutti (emblematici l'8-2 al Barcellona e il 7-2 al Tottenham), improvvisamente sembra sazio. Si corre poco e male. E i tanti impegni ravvicinati non sono una giustificazione sufficiente. L'eliminazione dalla Coppa di Germania contro il Kiel (terzo in seconda divisione), è più di un campanello d'allarme. È un'umiliazione che deve servire a svegliare la squadra. Erano 17 anni che il Bayern non usciva in coppa contro un club di categoria minore (l'ultima volta contro l'Aachen). Dal 2000, invece, che non usciva d questa competizione già ai sedicesimi.

PROBLEMI

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Il principale è la difesa: sono 34 le reti incassate in 25 partite stagionali. I gol subiti sono però indice di un atteggiamento sbagliato di tutta la squadra. Lo scorso 19 dicembre, contro il Leverkusen, fece scalpore il caso Sané: entrato al posto dell'infortunato Coman, Flick decise di toglierlo (per il 17enne Musiala) dopo appena 36 minuti. “Volevo mettere Musiala e a quel punto potevo togliere solo Müller, Gnabry o Sané – spiegò il tecnico –. Per noi Thomas è insostituibile. Serge nel secondo tempo era cresciuto molto, quindi l'unica opzione era Leroy. L'importante è che la squadra abbia successo. Il singolo deve mettersi in secondo piano”. Il problema è che attualmente non è solo Sané a non dare la sensazione di impegnarsi al massimo. Lo scorso 3 gennaio, contro il Mainz ultimo, Flick, durante l'intervallo, sorprendentemente sotto di due gol, decise di togliere Pavard: “Attualmente gli manca la disponibilità di fare su e giù sulla fascia – aveva spiegato il tecnico –. Non è al 100% e questo incide”. Ieri, al 67', su un fallo laterale per il Kiel, Gnabry non ha fatto nemmeno un passo verso il giocatore più vicino alla rimessa, lasciandolo completamente libero, guardandolo da lontano. Flick si è innervosito, prima ha urlato "Serge, Serge, Serge", per cercare di stuzzicarlo, ma quando il gioco è ripreso e Gnabry è rimasto fermo, Flick ha esclamato "Serge! Mio Dio".

ATTEGGIAMENTO

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La sensazione che trasmette il Bayern è quella di una squadra con la pancia piena. In Germania ha stravinto gli ultimi 8 campionati, in Europa ha vinto due volte la Champions nelle ultime otto edizioni, arrivando in semifinale in altre quattro occasioni. Paradossalmente sono le nuove leve a sembrare particolarmente piatte. Dopo l'ultimo turno di campionato Flick ha criticato Süle, che con un passaggio sbagliato ha lanciato il contropiede del Gladbach in occasione di uno dei tre gol subiti: “Nicklas sa che lì deve accompagnare l'azione”. Serve maggiore maturità, serve maggiore responsabilità, perché il Bayern non vince in automatico. Non basta il nome per essere superiore degli avversari. Tanto che con l'atteggiamento sbagliato si può andare incontro a vere e proprie figuracce. Come quella di ieri con il Kiel. Un'umiliazione da mani nei capelli. Con l'urlo di disapprovazione di Flick che ancora rimbomba nello stadio vuoto: “Dio mio...”.

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