Il destino della finale in due atti era stato già scritto nel primo. In quei tre episodi discutibili e discussi, malamente “interpretati” dal signor Kevin Bonacina da Lecco e malamente commentati, o meglio difesi, o meglio “giustificati” dalle irrituali dichiarazioni del designatore, di qualche ex arbitro in cerca d’autore, di qualche noto giornalista lombardo (come Nicola Binda della Gazzetta dello Sport) nient’affatto nuovo a queste imprese di difesa e salvaguardia di talune squadre del Settentrione.

Sono stati quelli i momenti-chiave (insieme alla squalifica di Costa, calata dal nulla, e alle mancate ammonizioni ad un Lecco che si era presentato a Foggia con dieci diffide) che hanno deciso l’atto conclusivo di questa lunga marcia-playoff (per il Foggia 9 partite disputate; per il Lecco, 8), stabilendo un’inerzia che il grande primo tempo dei rossoneri nella cornice del minuscolo “Rigamonti-Ceppi” non è bastato a capovolgere. Il Lecco le aveva provate tutte per blindare il discutibile 2 a 1 dell’andata: anzitutto, blindando il suo stesso stadio, grazie ad una grottesca farsa per la compravendita dei biglietti, prima “chiudendo” la vendita online al fine di impedire la “concorrenza” dei tanti foggiani al nord rispetto ai sostenitori locali; poi garantendo l’acquisto “selezionato” al botteghino da parte dei circa mille abbonati, ognuno dei quali con la facoltà di acquisite ulteriori 3 biglietti; infine, facendo “sparire” i circa 1.800 tagliandi residui (conti della serva alla mano) dalla vendita “libera” successiva alla prelazione (se così poteva definirsi), facendo imbestialire non solo i tifosi rossoneri presentatisi giovedì ai botteghini ma anche i lecchesi tagliati fuori dal “circuito” degli abbonati e dei favoritismi. Non solo beghe locali: la società del Lecco rilascia pochissimi accrediti stampa anche ai giornalisti foggiani. Secondo le nostre fonti, circa 4 o 5. Ne abbiamo chiesto conto all’ufficio stampa del club lacustre che però, dopo una prima risposta elusiva ed evasiva, ha ritenuto bene di non replicare più alle nostre ulteriori domande. Forse perchè i giornalisti “ospiti” non sarebbero stati troppo graditi “testimoni” di ciò cui poi, anche a Lecco, si è dovuto assistere (come se, del resto, anche la gara di ritorno non fosse trasmessa in diretta nazionale su Rai 2): ci riferiamo, anzitutto, al VAR, grande assente dello Zaccheria (vero, signor Nasca di Bari?), che però ricompare a Lecco ma a corrente, ovviamente, alternata. C’è per contraddire l’iniziale decisione di Di Marco sul contatto Ogunseye-Bianconi (il centravanti rossonero colpisce gamba e pallone); scompare nuovamente, invece, quando il braccio di Girelli si oppone al tiro di Schenetti (e perfino la Rai “censura” il replay), pochi minuti dopo: Di Marco da’ il corner ma il ferma-immagine sembra confermare l’impressione iniziale: l’evidenza è che se Girelli tocca, allora è rigore. E invece no, nulla da fare. E la partita si chiude virtualmente lì.

LA GARA – Eppure il Foggia era partito alle grande, sulle ali di un tifo incessante e incredibile (i tifosi rossoneri riusciti ad entrare nel settore sono molti di più di 500, con tanti foggiani anche del centro-nord aggregati ai ragazzi partiti da Foggia, e tutti gli altri, circa un altro migliaio, assiepati davanti ad un maxischermo predisposto dalla questura di Lecco). E’ appena il 4′ quando Bjarkason controlla perfettamente in area la lunga pennellata di Leo e batte Melgrati sul suo palo. Il Foggia pareggia il conto dell’andata all’alba della partita ed il Lecco ne è subito stravolto. I blucelesti (col loro allenatore in testa) hanno paura, e si vede, lasciandoci pensare anche ad uno strascico mentale dei dubbi episodi dell’andata… Fatto sta che i rossoneri ci credono più che mai, anche se in Lombardia sono dovuti sbarcare senza Pippo Costa, squalificato per i trambusti del dopo-gara, col dubbio esplicito che la “scelta dal mazzo” non fosse affatto casuale: 12 assist e 3 reti ne certificano il rendimento stagionale (il giocatore più decisivo tra le fila rossonere) e autorizzano a sollevare ulteriori rilievi sull’intera traiettoria di questa finale. Ma i satanelli hanno mille risorse e, guarda caso, è proprio l’islandese a rilevarne il posto a sinistra. Essendo destro, l’ex Venezia perderà sistematicamente uno o due tempi di gioco per sistemarsi la palla sul piede preferito, eppure anche dal suo lato i palloni in area piovono copiosi. Il Foggia domina, schiaccia il Lecco, silenzia il pubblico di casa e macina palloni in area: Schenetti trova la difficile risposta di Melgrati, Ogunseye devia di testa sopra la traversa il delizioso pallone di Bjarkason. Di Noia (unico “quasi play” disponibile stante le più che imperfette condizioni fisiche di Petermann e Vacca) dirige l’orchestra con piglio e carattere, Garattoni spinge, Peralta rifinisce e Frigerio è ovunque. I padroni di casa, atterriti, si rintanano, mal guidati da un Foschi in preda al panico. L’impressione è che solo un episodio possa cambiare i termini del confronto. E infatti l’episodio, immancabilmente, arriva, sotto forma di intervento “dall’alto” del Var (Marini della solita, notissima sezione di Roma 1…) nel frangente già raccontato. Lepore (34′) trasforma il penalty ed è 1 a 1. Poi però il signor Marini si eclissa nell’episodio successivo in area lecchese e il tempo finisce con Foschi che torna a respirare.

LA RIPRESA – Il finale di tempo si rivela esiziale per i satanelli, chiamati ancora a compiere l’ennesima impresa: stavolta il serbatoio di energie fisiche e (forse soprattutto) nervose riemerge schiantato dagli episodi della prima frazione. Anche Di Noia deve alzare bandiera bianca (dentro un Vacca di personalità e ottimi piedi, ma con mobilità assai ridotta), dopo Ogunseye (stremato: dentro un Beretta a sua volta appannatissimo). Foschi invece dispone di cambi freschi (Zambataro, Latki, Mangni) che fanno la differenza: sono proprio gli ultimi due ad azzerare le speranze rossonere, proprio quando Rossi (dentro anche Petermann e Iacoponi per gli stanchissimi Frigerio e Peralta) prova un disperato 4-3-2-1. Dalmasso smanaccia malamente dopo una conclusione di Mangni e Latki corregge in rete. E’ il 77′ ma il Foggia non ce la fa più. Lepore, anche da azzoppato, riesce persino ad arrotondare con un pallonetto in contropiede (88′) che chiude sia la partita che il suo personale conto con il Foggia, evidentemente aperto dai tempi del Lecce (contro i rossoneri, il 37enne tuttofare salentino sigla addirittura 3 delle 4 reti stagionali).

CONCLUSIONI – E’ la fine di tutto, anche della stagione professionistica italiana (era infatti l’ultima gara dell’anno calcistico nazionale). Sul campo, mentre giocatori e tifosi rossoneri sono affranti, i padroni di casa festeggiano la serie B e, al contempo, si conclude la metamorfosi del signor Foschi: da moderato e quasi accattivante allenatore di provincia prima della gara d’andata (“Foggia? Fortissimo. Lo Zaccheria? Caldissimo. Rossi? Un grandissimo”), a umile e alquanto accomodante “vincitore” nel post-partita dello Zaccheria (“Non abbiamo fatto nulla, il Foggia ci ha messo in difficoltà, può schiacciarci anche al ritorno. L’arbitro? Se loro hanno subito un torto, giusto che siano arrabbiati. Grande pubblico, sono stati assordanti”); quindi, ecco lo scostante e triviale scarto di registro del pre-gara di ritorno (“Delle polemiche sull’arbitraggio non me ne frega un c****! L’arbitro non ha sbagliato nulla, i direttori di gara italiani sono i migliori al mondo!”) e, gran finale, l’arroganza sfoggiata con noncuranza e repellente mancanza di stile nei festeggiamenti finali (“Ora – i foggiani, ndr – chiamassero anche il Papa”). 

Nulla di nuovo, atteggiamenti che sono spesso prerogativa dei miracolati. Termine non casuale e non (solo) polemico. Perchè, statene certi, ora tanta parte di stampa nazionale sta già preparando il racconto del “miracolo” della storica squadra della piccola cittadina lombarda che torna in B dopo cinquant’anni. Oscurando la “bizzarria” (per non utilizzare termini diversi) dell’arbitro di Lecco, che arbitra il Lecco in una finale, e lo issa verso la promozione con tre decisioni del tutto discutibili, contornate dal mistero del VAR che appare e scompare.

Sono le storie del calcio italiano. Che, lo ammettiamo e lo diciamo, francamente ci stiamo stancando di seguire.

Giancarlo Pugliese

RIPRODUZIONE RISERVATA

[Foto: ph. Roberto Marzano]

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Lecco-Foggia 3-1/ Il Tabellino

Reti: 4′ Bjarkason (F), 34′ rig. Lepore (L), 77′ Lakti (L), 88′ Lepore (L)

Lecco (3-5-2): Melgrati; Battistini (dall’84’ Stanga), Celjak, Bianconi; Giudici, Zuccon, Girelli (dal 67′ Zambataro), Galli (dal 64′ Latki), Lepore; Buso (dal 67′ Mangni), Pinzauti (dall’84’ Tordini). Allenatore: Luciano Foschi. A disposizione: Stucchi, Maffi, Maldini, Enrici, Lakti, Scapuzzi, Tordini, Stanga, Martorelli, Ilari, Zambataro, Cusumano, Bunino, Mangni.

Foggia (3-5-2): Dalmasso; Leo, Kontek, Rizzo; Garattoni, Frigerio (dal 72′ Petermann), Di Noia (dal 59′ Vacca), Schenetti, Bjarkason; Peralta (dal 72′ Iacoponi), Ogunseye (dal 57′ Beretta). Allenatore: Delio Rossi. A disposizione: Raccichini, Nobile, Thiam, Vacca, Di Pasquale, Beretta, Petermann, Markic, Iacoponi, Odjer, Capogna, Rutjens.

Arbitro: Davide Di Marco della sezione di Ciampino

Ammoniti: Buso (L), Frigerio (F), Beretta (F), Doudou (L), Foschi (all. L)

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