La finale dei playoff di Serie C ha un protagonista inaspettato. Non il Lecco, storico club lombardo che ha ospitato nel suo (minuscolo) stadietto con vista sul Resegone di manzoniana memoria perfino la serie A, e che si gioca per la prima volta negli ultimi cinquant’anni l’accesso ad una serie B che gli manca da due generazioni. Non il Foggia, una delle piazze più calde e appassionate dell’orbe terraqueo, accompagnato da un entusiasmo irrefrenabile, evidenza esaltata in maniera solare dallo spettacolo di luci, colori e calore di uno Zaccheria che pare affollato molto oltre la capienza dichiarata. Non il meraviglioso pubblico presente (compresi i dignitosi 200 lecchesi o giù di lì) che ha dato vita a un tifo impressionante per calore e decibel ma sempre correttissimo. Nulla di tutto questo. Il protagonista assoluto del match, quello che, a tutta evidenza, ne ha definito il risultato con decisioni assai più che discutibili, è il signor Kevin Bonacina, della sezione di Bergamo. Una designazione che aveva già destato non poca sorpresa e dubbi sull’opportunità di scegliere un direttore di gara così “vicino” geograficamente ad una delle due contendenti in lizza. Dubbi che, cercando di rimanere razionali, pure sembravano (e dovevano) essere mitigati dalle considerazioni sulla grande opportunità di ribalta per un arbitro in forte odore di promozione, nonchè sul rilevante palcoscenico della diretta nazionale su Rai 2.

Considerazione ovvie e di buon senso. Che però vanno a farsi benedire a fronte di ben tre episodi di evidente mal interpretazione da parte del signor Bonacina. Quelli che hanno deciso, al tirar delle somme, l’esito della gara, indirizzando l’intera contesa su binari abbastanza lontani dai contenuti che il campo ha mostrato. E siccome, nel calcio più che in altri sport di squadra, sono proprio i singoli episodi a fare la differenza, tanto vale citarli tutti e subito:

  1. 28′ pt: la spinta di Zambataro a Bjarkason, che ha il pallone, è più che evidente; Bonacina però concede il corner. Sul quale il Lecco pareggia. Il VAR? Non pervenuto “perchè spetta all’arbitro valutare l’entità della spinta”, spiegherà qualcuno.
  2. 3′ st: Ogunseye prima colpisce di testa, poi raccoglie la respinta del portiere e sigla il 2 a 1; Bonacina “vede” un’altra spinta (evidentemente le vede a corrente alternata) da parte del 9 rossonero; le immagini televisive evidenziano che non c’è alcun contatto tra il giocatore e il suo marcatore, che salta a vuoto. Il VAR? Come sopra.
  3. 6′ st: Schenetti tira, Melgrati respinge, Frigerio si avventa ma Lepore lo spinge in maniera evidente impedendogli di correggere in rete; anche qui il parametro di Bonacina è del tutto incomparabile all’episodio precedente: fosse stato il medesimo sarebbe stato difficile non assegnare il rigore. Il VAR? Idem con patate.

La gara, quanto al risultato, è tutta qui, riconducibile a questi tre episodi chiave. Il resto è la cronaca di un confronto in realtà molto più godibile di quanto il racconto della pessima giornata del signor Bonacina (e di chi l’ha designato, che si sarà sentito fischiare a lungo le orecchie) lasci presagire. Il Foggia, sospinto da un pubblico meraviglioso, ha il merito di partire meglio, chiudendo il Lecco nella propria area. E’ solo il 7′ quando Leo impatta di testa l’angolo di Costa e ricorregge in rete la respinta di Melgrati. Lo Zac è una bolgia, i rossoneri pressano alti e per un quarto d’ora buona il Lecco faticherà a uscire dalla propria metà campo, a parte una punizione da distanza siderale di Lepore che scalderà i guanti di Dalmasso, messo poi nuovamente alla prova nel successivo calcio d’angolo sull’incornata di Pinzauti. Foschi ci pensa su e capisce come bypassare il primo pressing avversario, in particolare abbassando l’ottimo play 2003 scuola Atalanta Zuccon e mandando fra le linee il talentuoso 2002 Tordini. Gli effetti si vedono e, al secondo contropiede in parità numerica subìto, Rossi capisce che i suoi devono rifiatare e attestarsi più bassi. La risultante è che i lecchesi si prendono il pallino e schiacciano per mezz’ora buona il Foggia che fa fatica a uscirne. Sul proprio fianco destro i rossoneri soffrono le iniziative di Zambataro e Tordini mentre Pinzauti e Buso si muovono tanto privando di riferimenti la retroguardia di casa. Ma, aldilà di diverse interessanti situazioni create, il pari arriva nel modo già descritto e in parte schianta il Foggia che chiude in affanno. Ma i satanelli non muoiono mai: alla ripresa del gioco la (ormai consueta) metamorfosi è servita, mercè anche l’ingresso di Garattoni per un Bjarkason in difficoltà. Il forcing è immediato, arrivano subito i due episodi contestati che infiammano lo Zaccheria. Il Lecco non sale più, Melgrati deve superarsi sulla bordata di Di Noia (62′), la torsione di un indiavolato Ogunseye termina fuori misura (71′), ci prova anche il subentrato Petermann (80′) ma il gol non arriva. E la beffa è servita: il fallo di Petermann sull’accorrente Bunino (giallo per il play romano) consegna a Lepore la palla della “vendetta” a 6 anni di distanza dal testa a testa col suo Lecce del 2017 e a 7 dal playoff del 2016: la parabola è forte e precisa sotto l’incrocio alla destra di un incolpevole Dalmasso ed è il gol che consegna ai lombardi l’inerzia della finale. Ma se è il salentino l’esecutore, resta il dubbio sul ruolo del signor Bonacina (in corresponsabilità col signor Nasca di Bari, al VAR) come “favoreggiatore” di un risultato deciso da tre episodi sistematicamente (e platealmente) sfavorevoli ai rossoneri di casa. Ogunseye e Di Noia in particolare saranno furenti a fine gara, ma il pubblico, dopo un primo momento di sbigottimento, capisce e accoglie i propri ragazzi con applausi e cori di incitamento: “noi ci crediamo”, e sembra un concetto espresso all’unisono da pubblico e squadra.

Lo sa anche Foschi (l’unico a parlare, visto il perdurante silenzio stampa del clan rossonero) che, molto signorilmente (e intelligentemente) sottolineerà che il conto è apertissimo:

Abbiamo le stesse opportunità del Foggia, questi play off hanno insegnato che non c’è nulla di scontato e anche noi siamo andati a vincere contro squadre più attrezzate. Non c’è una squadra più forte dell’altra: stasera è finito solo il primo tempo, ci sono ancora 90′. Le contestazioni all’arbitraggio? Se il Foggia ha subito un torto, giusto che sia arrabbiato. Loro ci hanno messo in difficoltà sulla spinta di un pubblico meraviglioso, che ha spinto per 90′ e oltre. Alla fine la sconfitta per loro è anche immeritata. Hanno decisa gli episodi. Siamo stati bravi a tenere botta, anche fortunati se vogliamo, ma non abbiamo mai rinunciato perché se a 5′ dalla fine ti conquisti una punizione dal limite hai continuato a giocare. I miei ragazzi hanno dimostrato di non voler essere delle vittime predestinate, ma dei protagonisti“.

Giancarlo Pugliese

RIPRODUZIONE RISERVATA

[Foto: ph. Potito Chiummarulo]

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FOGGIA-LECCO 1-2 / TABELLINO

Reti: 7′ pt Leo (F); 29′ pt Pinzauti (L); 42′ st Lepore (L)

Foggia (3-5-2): Dalmasso; Rizzo, Kontek, Leo; Bjarkason (dal 1′ s.t. Garattoni), Frigerio (dal 27′ s.t. Petermann), Di Noia, Schenetti, Costa; Ogunseye (dal 37′ s.t. Beretta), Peralta (dal 29′ s.t. Iacoponi). A disposizione: Raccicchini, Thiam, Di Pasquale, Markic, Djer, Capogna, Rutjens. All. Delio Rossi.

Lecco (3-4-3): Melgrati; Celjak, Bianconi, Lepore; Girelli, Galli (dal 22′ s.t. Lakti), Zuccon, Zambataro; Tordini (dal 1′ s.t.Ardizzone; dall’8′ s.t. Stanga), Pinzauti (dal 22′ s.t. Mangni), Buso (dal 39′ s.t. Bunino). A disposizione: Stucchi, Maffi, Maldini, Enrici, Scapuzzi, Battistini, Stanga, Martorelli, Ilari, Cusumano. All. Luciano Foschi.

Arbitro: Bonacina di Bergamo; ass. Bahri di Sassari, Ricciardi di Ancona; Iv uff: Galipò di Firenze. VAR: Nasca di Bari.

Ammoniti: Di Noia e Petermann (F)

Note: Stadio tutto esaurito negli 11.500 posti disponibili. Angoli: 4-3.

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