France Football rende omaggio al “10” rivisitando le vecchie regole: ecco il nuovo albo d'oro

Un campione assoluto lo si misura anche dai trofei vinti. E in particolare da quello più ambito da ogni giocatore. Quel Pallone d’oro che Diego Armando Maradona non ha mai sollevato. Come Pelé. Uno nella bacheca dell’argentino in realtà c’è, ma è una sorta di laurea honoris causa, attribuitagli nel 1995, quando il premio di France Football fu aperto anche ai non europei, purché giocassero nel nostro continente. E solo dal 2007 fu esteso ai fuoriclasse del resto del mondo. Il trofeo vero, in quell’anno di svolta, andò al rossonero George Weah. Al Pibe de Oro fu riconosciuto il segno lasciato nella storia del calcio. Un privilegio poi concesso anche a Pelé, nel 2014. Il settimanale francese però ha voluto rendere giustizia, almeno teorica, a entrambi, rielaborando il palmarès dal 1956, con le regole attuali. Maradona allora ne avrebbe vinti due di Palloni d’oro. Meno di Messi (6). Il re resterebbe però il rivale virtuale di sempre: Pelé, con almeno 7 titoli. Ma il paragone rimane comunque falsato.

Corone

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La differenza tra i due grandi nomi del firmamento calcistico, infatti, è viziata da altre disparità più o meno evidenti. Lo ammette lo stesso giornale ripercorrendo gli anni di Pelé, che di certo avrebbe trionfato nel 1958, dopo la sua prima coppa del Mondo. Il titolo del settimanale andò invece al francese Kopa. E poi ancora nel 1959, che premiò Di Stefano, spagnolo di Buenos Aires; nel 1960, anno di Luis Suarez, spagnolo doc. E quindi nel 1961, turno dell’oriundo Sivori. Oltre che nel 1963, da ricordare per l’elezione dell’unico portiere Yashin, sull’onda lunga del Mondiale del 1962, vinto dal brasiliano: il Pallone d’oro andò però a Josef Mapopust, un ceco-slovacco, come si diceva allora, primo giocatore dell’Est a imporsi. O Rei avrebbe vinto nel 1964, al posto dello scozzese Denis Law. E avrebbe dovuto essere incoronato pure nel 1970, dopo il terzo titolo planetario. E invece fu il tedesco Muller a raccogliere l’eredità di Rivera.

Sfide

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Maradona, secondo il riconteggio, doveva salire sul gradino più alto nel 1986, quando entrò nella storia anche con la «mano de dios» all’Inghilterra in Messico. Il premio andò invece al russo, anzi sovietico Igor Belanov, con 22 punti in più del britannico Lineker, mettendo fine al regno triennale di Platini. Le "roi" della Juventus si ritirò l’anno seguente, abolendo così la spettacolare rivalità con Maradona, che aveva la A come palcoscenico. La stella del Napoli quindi avrebbe dovuto brillare su tutti di nuovo nel 1990. Nonostante la sconfitta in finale del Mondiale italiano, con la Germania di Matthaus, premiato appunto in sua vece. Anche se, sottolinea il giornale di Parigi, il tedesco dell’Inter non fu irresistibile quanto l’argentino che tra l’altro aveva costretto alla genuflessione pure il Milan degli olandesi, vincendo lo scudetto. In fondo sta proprio qui la grande disparità con Pelé, magari più prolifico di Maradona (757 gol a 346, tra nazionale e club), ma in tempi in cui gli avversari erano palesemente solo suoi sudditi. Mentre l’argentino, spiega France Football, dove vedersela con gente di pari lignaggio nel nostro campionato, il top all’epoca: da Platini a Rummenigge, da Gullit a Van Basten. Lo stesso Pibe de oro, a suo tempo ristabilì la sua verità in un’intervista al settimanale d’oltralpe: "Se avessi potuto concorrere, di Palloni d’oro ne avrei sicuramente vinti una tonnellata". Dura dargli torto.

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