Il 72enne Wenger è cresciuto con due...ossessioni: il calcio e la religione. L'ex tecnico dell'Arsenal ha anche spiegato quale sia stato l'impatto della sua infanzia sul suo modo da allenare.
Arsene Wenger è cresciuto a Duttlenheim, Alsazia, a pochi chilometri dal confine con la Germania. Un piccolo villaggio in cui il giovane Arsene è cresciuto con due...ossessioni: il calcio e la religione. L'ex tecnico dell'Arsenal, ora diventato responsabile dello sviluppo mondiale del calcio dalla FIFA, si è raccontato qualche tempo fa al programma Desert Island di BBC4. E oltre a fare una lista dei dischi da portare su un'isola deserta, ha anche spiegato quale sia stato l'impatto della sua infanzia sul suo modo da allenare.
E dalla religione, che dominava totalmente la vita del suo paesino, ha imparato qualcosa che si è portato dietro per tutta la carriera: il non accontentarsi. "L'impatto sulla mia carriera di questa situazione è che non ero mai completamente soddisfatto di quello che facevo, perché mi sembrava non facessi mai abbastanza. Era la religione a farmi sentire sempre un po' colpevole, quella cattolica funziona così. Dovevamo confessarci ogni settimana e a volte mentivo. Non sempre mi ricordavo tutto quello che avevo fatto di sbagliato". I risultati delle sue squadre, però, parlano per lui. E proprio non accontentandosi di aver "solo" vinto la Premier League, i suoi calciatori dell'Arsenal sono diventati gli "Invincibili".
E poi...altri consigli. Parola di chi ha avuto un'infanzia particolare, visto che il signor Alphonse e la signora Louise, i genitori di Wenger, avevano un'attività che lasciava davvero poco spazio per occuparsi della famiglia. "Non consiglio a nessuno di aprire un bistrot se ha figli. All'epoca non c'era vita familiare, eravamo aperti ogni giorno dell'anno. Chiudevamo solo un giorno, dalle quattro a mezzanotte. Ed era il giorno di Natale e solo ed esclusivamente perchè la religione dominava completamente la vita del villaggio. Per il resto, niente vacanze". In compenso, Wenger ha avuto tutte le possibilità di pensare quasi ed esclusivamente al calcio. Da giocatore non ha ottenuto tantissimo, ma da allenatore gli è andata discretamente bene. E ora magari può...confessare qualche peccatuccio.
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