Il medico avrebbe firmato al posto del Diez la richiesta della sua cartella clinica. Ora gli inquirenti vogliono capire perché...

Si stringe il cerchio attorno a Leopoldo Luque, finito al centro delle indagini sulla morte di Diego Armando Maradona lo scorso 25 novembre. La posizione del neurochirurgo che aveva in cura l’argentino si è complicata nelle ultime ore in seguito ai risultati degli esami calligrafici eseguiti su alcuni documenti requisiti nel suo ufficio e nella sua abitazione. La perizia degli esperti incaricati dalla magistratura, secondo quanto riferisce Clarin, ha stabilito che le firme di Maradona presenti nei suddetti documenti sono state in realtà opera di Leopoldo Luque. Lo specialista avrebbe dunque contraffatto la firma del Diez, così come sospettato in un primo momento dagli inquirenti dopo aver visionato il modulo consegnato alla clinica Olivos per richiedere la cartella clinica dell’argentino.

Nel mirino

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L’unico autorizzato a richiedere la cartella clinica in questione era il paziente stesso, vale a dire Maradona, ma la perizia ha dimostrato che la firma apposta sul modulo incriminato non è opera del Diez. Stando alla legge, per Luque si configura il reato di manipolazione di documenti privati, per cui il codice penale argentino prevede una pena da sei mesi a due anni di reclusione. Il sospetto degli inquirenti è che, impossessandosi della cartella clinica di Maradona, Luque abbia cercato di nascondere qualche dettaglio scomodo relativo al quadro clinico dell’argentino. Dettagli che, magari, potrebbero rivelarsi utili per stabilire se ci sia stata davvero negligenza e imperizia da parte di chi lo aveva in cura, Luque in primis. Il nuovo capo d’accusa, inoltre, complica anche la posizione del neurochirurgo nell’ambito dell’indagine aperta per omicidio colposo.

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