Il direttore sportivo del Foggia Peppino Pavone ha parlato nell’arco di una conferenza stampa per fare il punto del campionato dopo i primi tre mesi. Le sue dichiarazioni iniziano con una premessa: «Ho chiesto di fare questa intervista perché avverto un’aria di disfattismo e non capisco il perché. Probabilmente per l’attesa che la figura di Zeman mediaticamente crea, però io voglio partire da un presupposto importante. Ognuno di noi è ambizioso e anche la società è molto ambiziosa. Il principio di base è che noi non abbiamo costruito una squadra per ammazzare il campionato, ma l’abbiamo costruita per fare il meglio possibile e costruire una base solida per eventuali innesti futuri e consolidare il valore della squadra. Tutte le persone che oggi lavorano per il Foggia Calcio hanno un solo obiettivo: il bene del Foggia calcio. Vogliono renderla una società ambiziosa con un programma futuribile. L’aria pesante? Non mi sembra il caso. Capisco che la partita di domenica con il Campobasso abbia lasciato un po’ di amarezza per il secondo tempo. Noi siamo qui da tre mesi e mezzo, se vado a fare il conto della classifica questa squadra ha fatto 25 punti, uno in più del Catanzaro e dell’Avellino…  Per quanto riguarda la Turris, la squadra sorpresa di questo campionato, sono due anni che lavora con lo stesso organico. Ha venduto un giocatore al Brescia ed ha fatto due o tre innesti, quindi ha una continuità nel suo programma. Idem con patate per l’Avellino. Noi sono tre mesi e mezzo che stiamo lavorando. Io capisco tutto, per l’amor del cielo, capisco che non abbiamo ancora in questo momento una continuità nella partita e nelle partite. Però avverto un’aria pesante che non mi piace, in tutta sincerità, perché questi ragazzi non stanno facendo bene… ma benissimo ed hanno ampi margini di crescita. Non diamogli addosso tante responsabilità. L’analisi di questi tre mesi è positivissima. Non voglio toccare il discorso degli infortuni perché non mi piace piangermi addosso. Cercare gli attenuanti è da perdenti. Se ci sono le difficoltà si affrontano, ma abbiamo anche fuori cinque giocatori titolari o che all’inizio dovevano esserlo: Rocca, Markic… Ma i ragazzi che vanno in campo mantengono comunque un elevato rendimento secondo il mio punto di vista».

Qual è l’obiettivo di questa stagione?

«L’obiettivo è fare il meglio possibile ma siamo ambiziosi come tutti. Crediamo in questa squadra. L’obiettivo è capire in quanto tempo questi ragazzi assimilano i meccanismi zemaniani e in quanto tempo incomincino a capire di avere una mentalità diversa. A volte vanno in campo e non credono alla loro forza, non dominano la partita. Quando faranno lo step da dominati a dominanti potremo vedere quale sarà veramente il nostro obiettivo»

Rinforzi di gennaio. Punterà a calciatori che già hanno giocato con Zeman per facilitarne l’inserimento o l’opposto?

«Non abbiamo ancora fatto nessuna riunione per quanto riguarda i settori in cui muoverci da rinforzare. Penso che più in là la faremo, anche perché secondo me è ancora presto e non vorremmo neanche disturbare con le voci di mercato la tranquillità della squadra. Voi conoscente Zeman da tanto tempo. Lui difficilmente stravolge a gennaio quello che è stato fatto a giugno. Se il mister darà l’ok la società è pronta anche a intervenire sul mercato ma ancora non lo abbiamo deciso».

Quali priorità darebbe per un rilancio dell’industria calcio? Stadi di proprietà, riforme dei campionati o la formazione di una nuova classe dirigente delle società…

«Ieri sera guardavo le partite europee e secondo me in Italia noi dovremmo cambiare. Le società devono diventare proprietari dello stadio ma va cambiata anche la mentalità del gioco del calcio italiano. La Juve che ha fatto quasi da sparring partner del Chelsea fa intendere che il calcio italiano rispetto a quello europeo è più indietro. Credo che vada cambiata la mentalità tra i giovani. Vediamo 2002, 2003, 2001 che giocano fissi in grandi squadre europee e loro hanno il coraggio di metterli. La via giusta è scommettere sempre su una squadra giovane perché i ritmi aumentano. L’esperto è utile ma l’attacco alla profondità è un aspetto molto importante che emerge da queste partite. E il gioco del calcio è diventato sempre più veloce e profondo, diciamo così».

Le difficoltà che la squadra ha riscontrato nel fare gol, evidenziate anche da Zeman, se le aspettava?

«Rispetto al passato, quando noi abbiamo fatto questi cambi generazionali a questo punto del campionato quasi sempre eravamo terzultimi, o quartultimi. Avevamo fatto molte più sconfitte che pareggi. O perdevamo o vincevamo, non c’era una via di mezzo. Questa volta ci sono più pareggi, la squadra non si lascia andare con tranquillità, porta in area poche persone ed è questa la pecca, se così vogliamo chiamarla. Serve ancora del tempo per assimilare questo tipo di gioco. Dopo tre mesi è mezzo è poco, ci vuole del tempo».

Con un allenatore diverso, di categoria, la squadra avrebbe fatto risultati diversi?

«Con una squadra attendista magari perdi a Bari o non recuperi la partita con la Juve Stabia o il Catania. Vi racconto un episodio. Tanti anni fa andammo a giocare a Bergamo. Vincevamo 4-1 e pareggiammo 4-4 negli ultimi minuti. Ci fu l’arrabbiatura della proprietà… Tant’è vero che verso la fine della partita mi chiedeva continuamente quanto mancasse, perché si rischiava di perdere. Dovetti tenere a freno l’esuberanza della proprietà. A Napoli, perdiamo tre a zero e pareggiamo 3-3. La proprietà mi disse che avevamo vinto… Io risposi che era un pareggio, ma lui ribadì che avevamo vinto perché gli avevamo messo paura. La mentalità di Zeman è questa. O l’accetti o non l’accetti».

Zeman diede sei al campionato del Foggia, ora che voto dà?

«Dovete chiederlo a lui. Secondo me lui voleva anche capire la crescita della squadra. Aveva fatto il ritiro, sì, ma il calciatore si vede con la maglia addosso, perché capisci se per lui è leggera o troppo pesante».

Sulle dichiarazioni di Zeman relativamente al mercato della scorsa estate?

«Da sempre agiamo in questo modo. Per ogni ruolo prepariamo cinque o sei giocatori. Solo in Serie A, a un certo punto, comprano i calciatori. Ne identificano uno e lo acquistano. In Serie C none esiste il mercato uguale e devi prepararti varie alternative. Abbiamo avuto problematiche perché magari qualcuno preferiva il Nord. Mi dispiace dirlo perché nell’ultimo mercato la forza-Foggia non c’era più. C’è stato un giocatore che ha preferito il Potenza al Foggia, un altro la Carrarese, un altro ancora il Lecco. Per me in tutta sincerità è stato umiliante. Queste sono cose che dico con dolore. Prima… dicevi Foggia e tutti venivano subito. Noi abbiamo dovuto (o stiamo già facendo) recuperare un’immagine diversa da quella di prima. Oggi come oggi l’immagine del Foggia è diversa, per un semplice motivo. Abbiamo una società solida, un team tecnico eccezionale, una città che ama il pallone… ma perché questa paura? Ma perché questa tensione? Il futuro è nostro. Se stiamo uniti, se stiamo tutti insieme di cui abbiamo paura. Abbiamo un gruppo di ragazzi per bene e ambiziosi. Perché tutte queste tensioni. Perché tutte queste frizioni? I quatto punti? Il presidente è stato esaustivo. Noi siamo gente che ama il rischio e la sfida. Faremo in modo di lavorare con il -4 ma saremo uniti per lo stesso obiettivo, cosa ci manca? Perché tutta quest’aria negativa? Perché abbiamo pareggiato una partita? Non si possono mica vincere tutte. E’ chiaro che ogni settimana ci sono analisi, esaltazioni ed il contrario ma se non siamo pronti a questo possiamo andare a fare i chierichetti. Il futuro è nostro, perché avvelenarci su queste cose?».

Chi ha detto no al Foggia lo ha fatto per quale motivo?

«Una questione ambientale. Molto ambientale. Qualcuno mi ha detto: “Lì hanno bruciato la porta di casa a un calciatore e non ci voglio stare”. Noi abbiamo contattato un difensore del Lecce e lui ci ha detto che non voleva venire a Foggia poiché non si fidava dell’ambiente foggiano. Ci ha proposto di farsi acquistare dalla Triestina e venire in prestito da noi. Noi, invece, facevamo un mercato in modo di avere la proprietà del giocatore. Cosa c’ha la Triestina più di noi? La storia dice che siamo più forti noi della Triestina. Ha risposto che il nostro ambiente non era ideale. Queste cose per farvi capire quante difficoltà ci sono state»,

Dodici calciatori al minimo federale. Si sentono molte critiche. Cosa risponde?

«Sapete che siamo anche aziendalisti. Lo sa il mondo intero. Noi facemmo le rivoluzioni in Serie A mandando via tutti e prendendo Sciacca che giocava con l’Enna, Matrecano con la Turris in C2, Di Bari con il Bisceglie in C2, Nicoli e Caini con il Catania in C1. Ci presentammo con una squadra fatta con calciatori di C1 e C2 in Serei A. Sia io sia Zeman siamo aziendalisti ed amiamo anche la sfida, più che il rischio. Vorremmo sempre tenere l’azienda solida, forte e ricca ma è la nostra storia che lo dice. Se noi abbiamo lavorato in questo senso è perché crediamo in questi ragazzi. Può darsi che siamo stati bravi anche nelle trattative e vorremmo dare, poi domo, la possibilità a questi ragazzi di diventare calciatori».

Quanto è grande la base che si sta costruendo per il futuro. Quali sono le note positive?

«La difesa è forte. Lo avete detto voi stessi. Anche Zeman lo ha detto e concordo con lui. Nicoletti, Sciacca, Di Pasquale, Girasole, Garattoni… Markic che comunque ha subito un infortunio e ha giocato meno. Martino, che al di là delle critiche è fisico, è veloce ed è resistente. Il centrocampo è valido. Ci sono Petermann, Garofalo e Gallo che sul piano agonistico è uno dei più bravi, poi deve crescere in alcune cose ma è in crescita. Nessuno conosceva Tuzzo ed oggi si sta ritagliando il suo spazio. Non abbiamo potuto vedere bene Di Grazie e Merola, il primo per infortunio l’altro perché ancora non capiva come entrare ed uscire dalla marcatura degli avversari. Purtroppo la nota dolente sono gli infortuni per cui il mister non ha mai avuto, se non all’inizio, la possibilità di una scelta migliore. Purtroppo sono cose che capitano nel calcio».

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