Essere un grande calciatore non ha solo lati positivi. A dimostrarlo c'è il racconto del tormento interiore di un campione come Wayne Rooney.

Essere un grande calciatore non ha solo lati positivi. A dimostrarlo c'è il racconto del tormento interiore di un campione come Wayne Rooney. Qualche tempo fa il tecnico del DC United ha parlato dei suoi problemi personali in una lunga intervista concessa al Daily Mail. E l'ex attaccante della nazionale inglese ha ammesso le sue difficoltà legate alla gestione della pressione.

IMPREPARATO

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Rooney a soli 16 anni, è diventato un giocatore di Premier League. "Sono nato e cresciuto senza agi in una zona popolare di Croxteth. Mia madre e mio padre non hanno mai avuto molti soldi. Ho sempre vissuto litigi e discussioni, visto mia madre che distruggeva oggetti. Sono stato catapultato, a 16 anni, in una dimensione internazionale. Non ero preparato. Non mi sentivo a mio agio. Essere un giocatore di football ha anche un altro lato della medaglia che non conoscevo. Mi ci è servito parecchio tempo per gestire ansia e pressione. Nei miei primi anni al Manchester United, probabilmente fino a quando non abbiamo avuto il mio primo figlio, Kai, mi sono davvero rinchiuso. Non sono mai uscito".

PRESSIONE

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Una pressione insopportabile per un ragazzo come Wayne. "Ho accumulato tanta rabbia. La pressione di giocare per lo United, per l'Inghilterra, per sopportare la costante invasione nella mia vita. Per cercare di affrontare tutto, a volte ho pensato che la soluzione ideale sarebbe stata rinchiudermi a bere per due giorni. Non ho mai condiviso i miei sentimenti e i miei problemi con i ragazzi nello spogliatoio e neanche con Sir Alex. Anche perché non essere a posto nella mia testa mi ha dato quell'ulteriore imprevedibilità nel gioco".

ANSIA

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Un'ansia che lo ha portato a commettere diversi sbagli. "Ho commesso molti errori quando ero giovane, alcuni sono finiti sulla stampa e altri no. Spesso erano litigi o atti legati a gestione emotiva. Ero sempre arrabbiato. A tal punto che in una sfida con il Chelsea che valeva di fatto la Premier sono arrivato a sostituire i tacchetti negli scarpini e usarne di più lunghi in modo da far male a qualcuno. Avevo alcuni problemi di autocontrollo e li ho risolti. Ho imparato che sentivo arrivare quei tipi di momenti, come se si avvicinasse l'esplosione. Anche mia moglie ha imparato a percepirli. Quando mando tutti al diavolo ed esco, commetto errori stupidi". A dimostrazione che la fama, se non è gestita bene, può essere un fattore particolarmente negativo...

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