L'ex fuoriclasse del Manchester Utd termina la carriera da calciatore per concentrarsi sul ruolo di tecnico del Derby, dov'era già manager ad interim
Due notizie annunciate (Wayne Rooney nominato ufficialmente allenatore del Derby, scontato dopo il buon lavoro nel periodo ad interim; Wayne Rooney si ritira, ma anche questo ovvio dopo gli ultimi sussulti da giocatore e rivelato da lui stesso a fine novembre) fanno però una grande storia: il passaggio definitivo dal campo alla panchina di uno dei migliori bomber del football made in England di tutti i tempi. La svolta di Rooney arriva nella settimana in cui il Manchester United si ritrova in vetta e in lotta per il titolo dopo otto anni: un diabolico intreccio. Wayne era il centravanti di quella squadra, guidata per l’ultima volta da Alex Ferguson. A fine stagione, il leggendario manager scozzese si sarebbe ritirato.
Fuoriclasse
—Rooney saluta, mentre il suo partner dello United che fu, Cristiano Ronaldo, è ancora protagonista in Italia: stessa età, ma caratteri, cultura e fisici diversi. Il perfezionismo ai limiti della maniacalità consente al portoghese di continuare a macinare record. Rooney si è concesso di più ai piaceri della vita, mantenendo però una dignità di fondo. Ha regalato momenti di calcio sublime anche negli Usa e ha deliziato il Derby con lampi della classe che fu. Per restare dalle parti della parola “derby”, il gol segnato al City il 12 febbraio 2011, in rovesciata, fu votato il capolavoro di quella stagione. La punta del piede sfiorò il cielo, quel giorno.
Carriera
—Evertoniano nell’anima, di origini irlandesi e religione cattolica, nato e cresciuto nel quartiere Croxteth di Liverpool, folgorato da Ronaldo il Fenomeno, Rooney debuttò in Premier il 17 agosto 2002 con i Toffees, guidati da David Moyes: aveva 16 anni e 10 mesi. I tifosi della squadra avversaria, il Tottenham, lo fischiarono per 90 minuti cantando "Chi sei?". Chi era e che cosa sarebbe stato si capì il 19 ottobre 2002, quando firmò il primo gol in campionato, all’Arsenal. Nel 2004, il passaggio al Manchester United, dove sarebbe rimasto fino al 2017: 559 gare, 253 reti, 145 assist, 19 trofei. Nel 2017 il ritorno all’Everton, ma era un Rooney già sfiorito. Dal 2018 al 2019, gli Usa e il DC United di Washington, poi nel 2020 il rientro in Inghilterra, al Derby County, in Championship, dove era stato pianificato un periodo da giocatore-assistente, prologo del passaggio definitivo alla panchina. La crisi del Derby, che ha portato all’esonero dell’olandese Cocu il 14 novembre 2020, ha anticipato le tempistiche: Rooney è stato nominato tecnico ad interim. Due mesi dopo, sulla scia della risalita in classifica, il doppio annuncio di ieri. Rooney ha giocato la sua ultima partita il 25 novembre a Middlesbrough. In Nazionale, con 53 reti in 120 gare è il miglior bomber di sempre.
Extracampo
—Rooney ha fornito per 15 anni materiale in abbondanza ai tabloid tra scappatelle, il matrimonio in Italia in una chiesa sconsacrata, qualche sbronza di troppo, la passione per la boxe, gli screzi con Ferguson, il tentativo di lasciare lo United per trasferirsi al City e un arresto all’aeroporto di Washington con l’accusa di «uso di parolacce», ma non è mai stato il prototipo del bad boy. L’Inghilterra lo ha amato e seguito: nel 2014 raggiunse i 10 milioni di followers su Twitter. Ora si volta pagina. Il tempo dei gol è finito. Comincia un nuovo Rooney, tutto da scoprire.
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