I due campioni protagonisti del webinar organizzato dalla Fondazione Scholas, fondata da Papa Francesco. “Gli atleti hanno una doppia responsabilità perché sono un esempio per i più giovani”

Anche, anzi, soprattutto in tempi di pandemia, si può parlare di valori che il calcio può diffondere, nella società e in particolare tra i giovani, grazie alla sua universalità. Questo il principio del colloquio organizzato dalla Fondazione Scholas, fondata da Papa Francesco, con la partecipazione del neo c.t. della Polonia, Paulo Sousa, e l’ex campione del mondo Gianluca Zambrotta, con trascorsi da allenatore e presidente onorario del Como. L’occasione per dibattere insieme, tutto via internet da vari Paesi, e a cominciare da una domanda semplice e allo stesso tempo complessa: “Vale tutto per vincere?”. Il dibattito può essere riascoltato nel video postato qui di seguito.

L’obiettivo

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“Prima di tutto – puntualizza Zambrotta - va definito cosa significa quel vale tutto. Se si intendono le capacità di un’atleta, fisiche, atletiche e mentali, allora sì. Se invece si intende non rispettare le regole o andare contro i principi del fair-play e usando mezzi illeciti, allora no”. Sousa allarga ancora di più il concetto: “Se l’obiettivo è di arrivare a una vittoria comune di società, di amore per il prossimo, di rispetto degli altri, di convivenza sapendo vincere e sapendo perdere, allora noi atleti per primi abbiamo una vera responsabilità. Partendo dall’idea che per essere rispettati, bisogna prima di tutto rispettare gli altri. La vittoria fa parte di una certa cultura per raggiungere obiettivi importanti, ma il modo è fondamentalmente ancorato al rispetto del prossimo”.

L’esempio

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“Ogni vittoria – aggiunge l’ex centrocampista di Juve e Inter – è frutto di un processo di cui facciamo parte, ma di cui fanno parte molte altre persone che ci aiutano a migliorare. Senza gli altri non possiamo diventare quel che siamo. C’è una parte spirituale nella missione dello sportivo di alto livello, quella di aprirsi al prossimo per migliorarsi, sfuggendo all’egocentrismo. Un allenatore deve aiutare i giocatori a trovare soluzioni, (...) anche verso una mentalità vincente anche personale, di ciascuno”. Ribatte Zambrotta, che ricorda l’esempio e l’importanza di Eugenio Fascetti che lo lanciò in prima squadra al Bari: “Da tecnico devi fare più attenzione al prossimo, inevitabilmente, dovendo ricoprire anche un ruolo educativo, perché si deve far crescere i giocatori. Senza dimenticare però che ogni giocatore svolge a sua volta un ruolo di modello. Basta pensare a Ronaldo: se fa una cosa lui, moltissimi ragazzi tentano subito di emularlo”.

Il rispetto

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Da qui il peso e il valore di gesti e scelte, come quelli dei giocatori di Psg e Basaksehir che lo scorso dicembre hanno deciso di abbandonare il campo per protestare contro un atto a sfondo razzista durante una gara di Champions, da parte del quarto uomo. Lo sottolinea Sousa: “La pandemia ci ha almeno permesso di riscoprire l’importanza di aiutare e amare il prossimo e sé stessi. Magari non basta, ma pure il calcio deve difendere questi valori di rispetto e eguaglianza al di là delle origini. Giocatori, allenatori e media devono dare l’esempio perché il calcio parla a tutti”.

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