Il presidente del Psg a un seminario in Portogallo: "Il calcio sia innovativo anche per contrastare chi vuole una Champions per pochi". Poi la stoccata al Barcellona: "Servono regole chiare per vitare gestioni che accumulano debiti per miliardi di euro"

Il calcio appartiene ai tifosi e alla storia dei club, ma ha bisogno di nuovi investimenti, anche per impedire che diventi il terreno di gioco per poche società d'élite, come pretendono quelli che hanno fondato la Superleague. A ribadirlo, durante un colloquio in Portogallo, il presidente dell'Eca e del Psg, Nasser Al Khelaifi, che mette nel mirino quelle squadre che amministrano senza rispettare le regole e poi generano miliardi di debiti. Ogni riferimento al Barcellona non è puramente casuale.

Non Super League

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"Il calcio – sottolinea Al Khelaifi durante l'evento Football Talks organizzato dalla federcalcio portoghese – è fatto di tradizione, ma deve innovarsi, essere creativo. Molto si può fare ancora per coinvolgere i tifosi e trasformare la partita in un evento ancora più avvincente, per esempio raccontando tutto quello che ruota intorno ai giocatori e alla partita, che rimane la cosa più importante". Questa è la linea direttrice secondo il presidente dell'Eca, anche per contrastare il progetto di Superlega, anzi di "Non Così Super League " come l'ha ribattezzata Al Khelaifi, primo oppositore del progetto di Juventus, Real Madrid e Barcellona: "Il futuro format della Champions League, grazie all'importante aumento di introiti, dimostra già che si può crescere comunque, sviluppandosi con il coinvolgimento di tutti i club, dai più piccoli ai più grandi, rispettando tifosi e media. E non solo favorendo due o tre club". Quelli che secondo l'ironico Al Khelaifi fanno la "Super League of 3" o la "Non Super League".

Debiti

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Insomma, il concetto è chiaro, si cresce insieme, sostiene il capo dell'Eca che spinge perché il calcio accolga più facilmente i nuovi investitori: "Altrimenti i fondi di chi vuole investire nel calcio andranno ad altri sport". Così ha fatto il fondo sovrano del Qatar, nel 2011 "investendo e non solo comprando" il Psg: "E siamo passati da un fatturato di 70 a 650 milioni di euro e oggi il marchio Psg vale 4 miliardi. Se vuoi crescere devi investire. Il calcio deve permettere nuovi investimenti, ma con regole chiare che impediscano derive (…), come quelle di club che invece accumulano debiti per miliardi di euro, con gestioni che lasciano solo disastri, destinate a peggiorare ancor di più la situazione. Questa tendenza può distruggere il calcio”. Il riferimento, naturalmente è al Barcellona, che ha venduto anche il 25% di una sua società che ne gestisce l'immagine al fondatore di Mediapro, lo stesso ente che due anni fa rescisse in pochi mesi il contratto che avrebbe dovuto garantire oltre un miliardo in diritti tv al calcio francese. "Al Psg – spiega Al Khelaifi – non abbiamo debiti, anche se abbiamo avuto difficoltà indotte dalla pandemia, ma vogliamo continuare a crescere, per aumentare il nostro potenziale su scala internazionale. Quello che certi grandi club non vorrebbero accadesse, perché non vogliono affrontare la competizione". Come appunto la Juventus dell'ex amico Agnelli che domani si presenta al Parco dei Principi.

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