Domani le prime sfide per decidere chi affronterà in semifinale le favorite Bayern e Palmeiras

Tutti a caccia del Bayern, si fa per dire. Da domani in Qatar parte la corsa al Mondiale per Club, ma resta difficile immaginare che i tedeschi possano lasciarsi sfuggire un trofeo che per 12 volte su 16 è finito in Europa. A tentare l’impresa, oltre al Palmeiras fresco vincitore della coppa Libertadores, ci saranno i qatarioti dell’Al Duhail, gli egiziani dell’Al Ahly, i messicani del Tigres e i sudcoreani dell’Ulsan Hyundai. I vincitori della prima sfida in programma domani tra Al Duhail e Al Ahly (ore 15) affronteranno in semifinale Lewandowski e compagni, mentre chi avrà la meglio nella seconda sfida tra Ulsan e Tigres (domani ore 18.30) se la vedrà contro il Verdao. Finale per il titolo prevista giovedì 11 febbraio.

Al Duhail

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Debuttanti assoluti, i qatarioti sono reduci da una falsa partenza nella Stars League dopo il trionfo dello scorso anno in volata sull’Al Sadd, che per di più ha ceduto la “qualificazione” al Mondiale (in qualità di Paese ospitante) in seguito al flop nell’ultima Champions asiatica. Da ottobre, al timone c’è l’ex Inter Sabri Lamouchi, che cerca di ridare slancio al club e alla propria carriera da tecnico dopo le esperienze alla guida di Costa d’Avorio (grazie a Drogba e Gervinho), El Jaish, Rennes e Nottingham Forest. Dopo il passaggio al secondo turno grazie al forfait dell’Auckland City (che ha comunicato il 15 gennaio l’impossibilità a viaggiare a causa della pandemia), l’obiettivo dei qatarioti è la semifinale di domenica contro il Bayern, la miglior vetrina possibile sebbene proibitiva. La rosa si è indebolita negli ultimi mesi con le partenze di El Arabi prima e Mandzukic poi, ma Lamouchi può sempre contare sull’esperienza di Ali Afif, che disputerà il suo secondo Mondiale a distanza di dieci anni dalla prima volta con la maglia (guarda caso) dell’Al Sadd, e soprattutto su Mehdi Benatia, altra vecchia conoscenza del nostro campionato. I principali assi nella manica di Lamouchi sono però il nazionale qatariota Almoez Ali (già ammirato in Coppa America), il centrocampista brasiliano Edmilson Junior (autore di 10 reti in 11 presenze) e il 26enne iraniano Ali Karimi (nazionale dal 2014). Tuttavia, Lamouchi affronta l’avventura con sano realismo: “Siamo fortunati di essere qui e potercela giocare, ma non dobbiamo illuderci. Per i miei giocatori è una grande opportunità di mettersi in mostra e misurarsi ad alti livelli, spero che la sfruttino al meglio”.

Al Ahly

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Gli egiziani si sono meritati la partecipazione al Mondiale grazie a una serie di imprese culminate con il successo nella finale della Champions africana sui poderosi “cugini” dello Zamalek in quella che al Cairo hanno definito “la finale del secolo”. Prima di allora, si erano dovuti arrendere anche Mamelodi Sundowns e Wydad Casablanca, due colossi già abituati a frequentare il Mondiale per club. A guidare la truppa egiziana c’è il veterano Pitso Mosimane, sudafricano con un lungo curriculum zeppo di successi in patria (tra cui sei campionati, tre coppe nazionali e due Champions africane). Il punto di forza di una rosa dal discreto tasso qualitativo è la coppia offensiva Mohsen-Ajayi, ma è in mezzo che gli egiziani vantano i piedi migliori. Lì Mosimane può contare su elementi giovani e nel giro delle rispettive nazionali, dal maliano Dieng agli egiziani Sherif, Fathi e Kafsha. Occhio anche alla corsia sinistra, dove sfreccia il tunisino Ali Maaloul. Il leader, invece, è l’esperto El Shenawy, 32enne portiere della nazionale egiziana che celebra la sua sesta presenza nel torneo (con un terzo posto ottenuto nel 2006). “Vincere il Mondiale è un sogno quasi proibito, ma arrivare a giocarsi la semifinale contro il Bayern - ha confessato il portiere - sarebbe già uno straordinario traguardo”. Curiosità: l’Al Ahly vanta più partecipazioni al Mondiale del Real Madrid (sei contro cinque), ma il record resta in mano all’Auckland City, che ha rinunciato alla sua decima partecipazione.

Ulsan Hyundai

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I sudcoreani devono la loro presenza in Qatar grazie alla sorprendente svolta sperimentata dopo il lungo lockdown causa pandemia. A partire da novembre, l’Ulsan ha messo da parte gli altalenanti risultati in campionato per spiccare il volo nella Champions asiatica, collezionando vittorie in sequenza contro rivali blasonati come il Vissel Kobe, eliminato in semifinale per 2-1. Poi l trionfo in finale sul Persepeolis e il pass per il Mondiale, che i sudcoreani affrontano però con un nuovo tecnico: per l’occasione, la dirigenza ha dato il benservito a Kim Dohoon chiamando il veterano Hong Myung-Bo, protagonista già di quattro Mondiali per club nonché ex capitano della Sud Corea che (grazie anche all’aiuto di Byron Moreno) eliminò l’Italia ai Mondiali del 2002 giungendo fino alla semifinale. Nel suo curriculum da allenatore Myung-Bo vanta anche una storica medaglia di bronzo ai Giochi di Londra del 2012. La rosa non vanta stelle né grandi nomi, tuttavia Myung-Bo può fare affidamento su un quartetto con lunga esperienza europea: in difesa ci sono l’olandese Bulthuis (con un passato tra Utrecht, Norimberga e Heerenveen) e l’australiano Davidson (nazionale dal 2012 al 2018), mentre davanti fanno coppia l’austriaco Hinterseer (ex Bochum e Amburgo, da sette anni in nazionale) e il norvegese Johnsen (ex Rosenborg e AZ). Battere il Tigres sarà comunque una mezza impresa, anche perché nella precedente (e finora unica) partecipazione al Mondiale (nel 2012) l’Ulsan ha raccolto due nette sconfitte contro Monterrey e Sanfrecce Hiroshima.

Tigres

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I campioni della Concachampions sono giunti in Qatar per la prima volta dopo aver visto sfumare la qualificazione per tre volte nel 2016, 2017 e 2019. La semifinale di domenica contro il Palmeiras è l’obiettivo minimo, quantomeno per evitare una figuraccia. Sì perché i “Felini” diretti dal saggio Ricardo “Tuca” Ferretti, tecnico icona dopo undici anni consecutivi di direzione tecnica, sono ampiamente favoriti per storia, blasone e tasso tecnico. La stella indiscussa è il francese Gignac, goleador più prolifico nella storia del club con 144 reti in cinque anni e mezzo di militanza a San Nicolas de los Garza. La spina dorsale della squadra risulta solida ed esperta grazie al portiere Nahuel Guzman e al centrocampista Guido Pizarro, entrambi con un discreto trascorso anche nella nazionale albiceleste. A completare il reparto offensivo con Gignac c’è un ex “italiano”, l’uruguaiano Nico Lopez, in Messico da gennaio dello scorso anno con un bottino finora di sei reti in 19 presenze. Ferretti ha anche due giovani assi nella manica pronti a sfruttare il torneo come vetrina: da una parte il 23enne difensore ecuadoriano Jordan Sierra Flores, nel giro della nazionale già dal 2017, e l’attaccante colombiano Julian Quinones, in cerca di rilancio dopo l’esplosione di due anni fa nelle nazionali U20 e U21 e soprattutto i 17 gol firmati in campionato nel nel 2018 con la maglia del Lobos BUAP.

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