TRA CAMPO E SCRIVANIA
Non era un derby, ma la vicinanza tra le due città ha sempre creato delle speciali aspettative in entrambe le tifoserie.
Due formazioni alla ricerca di punti per due obiettivi finali differenti, accomunate però entrambe da parecchie defezioni in formazione.
Pronti via ed il Foggia iniziava per tutta la durata del primo tempo a sciorinare una manovra più fluida, quasi a dimostrazione che certe alchimie tattiche (Martino esterno offensivo) e in particolare l’assenza dei Curcio e Rocca fossero quasi un aspetto positivo. A mio avviso quasi una bestemmia relativamente alle assenze citate.
Il secondo tempo invece iniziava col rammarico da parte nostra di non aver chiuso la partita con una seconda rete, ma si sa che con poche azioni gol non è che puoi recriminare più di tanto. Cosìcchè i molisani pervenivano al pareggio con una azione viziata da un’evidente fallo ai nostri danni in fase di costruzione (Petermann veniva platealmente tirato per la maglia) e da quel momento in poi la sensazione che la prestazione del Foggia sia stata simile a quella del direttore di gara: un primo tempo all’altezza della situazione e poi, dal gol del pareggio a seguire, decisioni arbitrali alquanto strambe e non certo giustificate dalla volontà di una direzione “all’inglese”. Allo stesso modo i nostri ragazzi, da un primo tempo in cui hanno quasi dominato, si son ritrovati in una seconda frazione di gioco a vivere persino dei gravi momenti di black out specie in fase difensiva, sbagliando pure dei banalissimi interventi. A detta di molti siamo calati fisicamente, mentre a mio avviso, oltre alla legittima crescita degli avversari alla ricerca di una reazione e magari del ribaltamento di risultato, c’è che abbiamo sofferto tantissimo dal punto di vista mentale dopo la rete avversaria, ed ecco che a mio avviso proprio in certi frangenti servivano i cosiddetti giocatori d’esperienza in campo (i Curcio), capaci di “tranquillizzare” e prendere per mano la truppa (solo un caso fosse il capitano fino a qualche tempo fa?). Alla fine, da una partita da 3 pt possibili inizialmente, ci siamo ridotti ad un….meno male che è andata così.
Nonostante ciò, la mia fiducia sul campionato del Foggia resta inalterata (siamo più che in linea coi programmi), così come sono altrettanto fiducioso sui nostri ragazzi (devono capire sempre di più ciò che vuole il mister e convincersi delle proprie potenzialità) e non ti dico poi sul nostro condottiero. Semmai i problemi come al solito nascono fuori dal rettangolo di gioco, a causa delle tante novità (tutte negative) e che ci portano a pensare…cos’altro dovremo ingoiare prossimamente. La fascia di capitano, i punti di penalizzazione, le vertenze di due ex giocatori (Canonico qui non c’entra nulla), la conferenza stampa senza interlocuzioni ed infine l’intervista a mister Zeman. Sui primi punti, sintetizzando, abbiamo compreso che Canonico non è solo il proprietario del club, ma il padrone. Così come l’intervista al mister hanno fatto prospettare un quadro tutt’altro che sereno, tant’è che se mi chiedessero sulla possibilità che Zeman possa continuare l’avventura col Foggia anche il prossimo anno, direi che sono pochine, tutte legate solo ed esclusivamente al suo rapporto con Foggia, e la cosa mi amareggia tantissimo. Dall’intervista infatti traspare il vero pensiero del boemo, capace di “proteggere” la nidiata di calciatari, ma allo stesso tempo lamentarsi di non aver avuto ciò che auspicava riguardo le richieste in ambito di calcio mercato. Un mister che conosciamo benissimo, che non è mai banale, che non risponde celandosi dietro le solite risposte scontate e che soprattutto pur centellinando le parole, riesce ad esporre anche un lungo discorso. Tra le tante osservazioni poi rivolte dal giornalista emerge un “…come mai, pur allenando Lazio e Roma, non abbia vinto nulla?” E lì confesso, mi son cadute le braccia, poichè verrebbe da pensare che lo stesso intervistatore, che visse appieno l’escalation del boemo a Foggia, non abbia compreso (o abbia dimenticato) la filosofia zemaniana. Cioè che il mister privilegia i giovani, piuttosto che i grossi nomi che non amano sacrificarsi nel lavoro. Che la sua priorità è far divertire i ragazzi in campo ed il pubblico, che i risultati vengono dopo in conseguenza, e non il contrario. Così che le tante società, anche di rilievo, puntavano su questo, soprattutto potendo usufruire di grossi risparmi. Cosa che è avvenuta anche quest’anno, non scordiamocelo; soprattutto lo ricordasse chi ha delle particolari pretese in classifica. E sbaglia chi si affretta a fare un distinguo tra il rettangolo di gioco e la scrivania: il primo è conseguenza della seconda. Che ognuno tragga le proprie conclusioni. F. F.
Rino La Forgia
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