AS ha deciso di intervistare...Ancelotti Secondo, parlando sia del rapporto con suo padre che della sua carriera nel mondo del calcio.

"C'è solo un Carlo Ancelotti", potrebbero cantare parecchie tifoserie che hanno avuto l'onore di vedere la loro squadra guidata dal tecnico di Reggiolo. Ma di Ancelotti in realtà non ce n'è uno solo, perchè accanto a Re Carlo c'è ormai da parecchi anni suo figlio Davide, che lo segue come un ombra e lavora con lui. Una figura che in alcuni casi (a Monaco di Baviera, per esempio) ha causato qualche critica all'allenatore, ma che invece dalle parti di Madrid sembrano apprezzare molto. Dunque, AS ha deciso di intervistare...Ancelotti Secondo, parlando sia del rapporto con suo padre che della sua carriera nel mondo del calcio.

Passato da calciatore, presente...con papà

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Iniziata però in campo, nelle giovanili del Milan. Ma quando Davide ha capito che in campo non sarebbe diventato una stella, ha optato per un altro modo di fare calcio. "Lasciare è stata una decisione mia. Non è stato semplice, ma ora la vedo come una decisione giustissima. Ho deciso di studiare da allenatore ed è stato un gran vantaggio. Ho 33 anni e ne ho già 11 di esperienza. Lasciare il calcio mi ha permesso di studiare, viaggiare, imparare le lingue...". E adesso è il numero due di papà Carlo. Ma come si lavora con uno così? "Il nostro staff è abbastanza polivalente, mio padre interviene solo quando è necessario, quando pensa sia imprescindibile o quando c'è una sessione tattica speciale". Si parla parecchio e ci si scambiano idee. "Il dibattito arricchisce. Ma alla fine le decisioni le prende mio padre". E quando Ancelotti senior lascerà? Le idee sono chiare: "Quando lui finirà la carriera, io voglio continuare".

Non solo un gestore

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Davide Ancelotti comunque ci tiene a sfatare un mito: quello del Carletto "solo" gestore di campioni... "Mio padre dice sempre che nel calcio ormai hanno inventato tutto, ma io credo che comunque sia uno sporto che non smette di evolversi. In generale abbiamo la stessa idea del calcio, mi ha insegnato che è uno sport fatto di calciatori, che se vuoi essere un buon allenatore devi adattarti a quello che hai e costruire un gioco in cui ognuno dei tuoi uomini possa brillare. Quando ci riesci, puoi essere felice, se vedi che i tuoi calciatori sono a loro agio hai colpito nel segno. Se invece li vedi fuori posto nel modulo, non stai facendo un buon lavoro. Questo concetto è molto importante e non è semplice essere camaleontico come lo è stato lui in carriera. Alla fine mio padre è molto umile, ma ha inventato un modulo, il  4-3-2-1. Non è solo un gestore, ma anche una persona che ha dato al calcio parecchio a livello tattico. Lo hanno sempre considerato una bella persona che sa gestire bene i calciatori, è una delle sue qualità, ma sa tanto di calcio, sa giocare in tanti modi diversi e questa è una grande virtù". E la bacheca...conferma!

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