Anche Rummenigge e Papin sul palco per raccontare ricordi, curiosità e aneddoti sul più prestigioso trofeo del mondo

Andrea Schianchi

Non esiste traguardo più prestigioso per un calciatore e quando ci si arriva è come passeggiare tra le nuvole. Il Pallone d’oro, da quando venne istituito nel 1956, è il simbolo del successo individuale, il massimo che si possa ottenere. Se gli altri trionfi vanno condivisi con il gruppo, questo no: nasce dalle proprie qualità, è figlio del proprio impegno e della propria bravura, spesso è il premio per una carriera (o per un’annata) vissuta sotto la luce accecante dei riflettori. Chi si porta a casa il trofeo entra nella storia: qualche volta tra discussioni e polemiche, perché hanno premiato lui e magari non un altro; qualche volte, invece, con una cascata di applausi che davvero fa girare la testa. Al Festival dello Sport di Trento, la Gazzetta dello Sport fa sfilare ben 5 fuoriclasse che hanno conquistato il Pallone d’oro: Roberto Baggio, Karl-Heinz Rummenigge, Andriy Shevchenko, Jean-Pierre Papin e Ronaldinho. 

brividi

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Ricordi, emozioni, brividi. La grande bellezza del calcio si prende la scena. E tornano alla memoria gli istanti decisivi delle carriere di questi fenomeni che hanno contribuito a regalare felicità al pubblico. I sontuosi dribbling del Codino Baggio, e i suoi gol; le acrobazie e le cannonate di Kalle Rummenigge; la potenza e la freddezza di Sheva; la rapidità e l’astuzia di JPP, uno che quando vedeva la porta avversaria di solito non perdonava; e poi la fantasia, la stravaganza e le invenzioni di Ronaldinho, poeta prestato all’universo del pallone. Con questi eroi si percorre un viaggio dagli anni Ottanta alla prima decade del Duemila, e sarà anche un modo per capire com’è cambiato questo meraviglioso gioco.

roby baggio

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Roberto Baggio, che oggi alle 18 sarà presente alla cerimonia di apertura, vinse il Pallone d’oro nel 1993, quando indossava la maglia della Juve. Prima aveva vestito quella della Fiorentina (e il suo passaggio ai bianconeri fu oggetto di una vera e propria battaglia di popolo), in seguito si mise quelle di Milan, Inter, Bologna e Brescia. Ma il colore che maggiormente lo rappresenta è l’azzurro. L’azzurro della Nazionale. Baggio è stato, più di altri campioni della sua epoca, un simbolo del calcio italiano. Di più: è stato un sogno. I bambini impazzivano per lui, lo imitavano, ne studiavano i movimenti e le giocate e cercavano di riprodurle nelle partitelle con gli amici. Un autentico eroe al quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà (ricordate la doppietta contro la Nigeria al Mondiale del 1994?). L’avvocato Agnelli, uno di che calcio se ne intendeva parecchio, l’aveva paragonato a Raffaello: la perfezione assoluta.

kalle

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Karl-Heinz Rummenigge, presente oggi alle 16.30, conquistò il Pallone d’oro due volte: nel 1980 e nel 1981. Era, in quel periodo, l’attaccante più forte d’Europa. Univa la potenza alla classe. Preciso nel tiro, sia di destro sia di sinistro, abilissimo di testa, coraggioso nelle acrobazie, i difensori, quando lo dovevano marcare, si facevano il segno della croce: fermarlo era impossibile. Il suo periodo migliore, durante il quale si meritò il trofeo, fu quello trascorso al Bayern Monaco. Poi, in fase calante per qualche guaio fisico, sbarcò in Italia, all’Inter. E divenne subito un idolo per i tifosi che in lui riconoscevano un giocatore dalle doti superiori alla media.

JPP

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Di Jean-Pierre Papin (presente sabato 14 alle 16.30) si ricordano soprattutto le qualità di micidiale centravanti. Al Milan restò per due stagioni, dal 1992 al 1994, ma il francese era diventato grande con la maglia dell’Olympique Marsiglia. Dal 1990 al 1992, per tre edizioni consecutive, è stato capocannoniere della Coppa dei Campioni vinta con il Milan nel 1994. In rossonero la sua carriera si è incrociata con quella di Marco Van Basten, in declino per i noti problemi fisici.

sheva

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E restando in ambito rossonero, ecco Andriy Shevchenko (a Trento domani alle 18), il vento dell’est che tutto spazza. Vinse il Pallone d’oro nel 2004, dopo che nel 2003 aveva deciso con un rigore perfetto la finale di Champions a favore del Milan contro la Juventus. Attaccante fantastico per potenza e precisione di tiro, ha segnato un’epoca che resterà nella memoria dei tifosi rossoneri e degli amanti del calcio.

dinho

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E poi Ronaldinho, genio e sregolatezza. In Italia si è fatto conoscere con la maglia del Milan, ma in precedenza aveva incantato il mondo con il Barcellona. Il suo famoso "elastico" (palla c’è, palla non c’è), il suo sorriso sguaiato, le sue punizioni telecomandate sono pezzi da antologia. Impossibile non amarlo, nonostante le bizze e i comportamenti sempre al limite. Ronaldinho (sul palco stasera alle 20) era uno che al pallone dava del “tu”. E il bello era che il pallone, quasi sempre, gli rispondeva...

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